Dr Sansoni Federico

Medico Chirurgo Specialista in Dermatologia e Venereologia - OMCeO TS 4785

Psoriasi

Lesioni di psoriasi (CC BY-SA 3.0)

Diagnosi e diagnosi differenziale

Diagnosi clinica: La diagnosi di psoriasi è in primo luogo clinica, basata sull’ispezione delle lesioni cutanee caratteristiche e sulla loro distribuzione. In un paziente tipico con placche eritemato-desquamative su superfici estensorie, con storia di decorso cronico-recidivante e magari familiarità positiva, la diagnosi è evidente. Elementi come il segno di Auspitz (sanguinamento puntiforme dopo grattamento della scala) e il fenomeno di Koebner supportano la diagnosi. Nelle forme atipiche o incerte, può essere indicata una biopsia cutanea: l’esame istologico mostrerà i reperti descritti (paracheratosi con microascessi, assenza di strato granuloso, acantosi psoriasiforme, ecc.) confermando la psoriasi. Non esistono esami di laboratorio specifici per la psoriasi; gli indici infiammatori (VES, PCR) possono essere normali o moderatamente elevati nei casi estesi. È importante però valutare la presenza di eventuali comorbidità (ad es. esami metabolici per sindrome metabolica, esami reumatologici se sospetto di artrite psoriasica, vedi oltre) e screening infettivologici prima di iniziare terapie sistemiche (es. test per TBC latente, epatiti, HIV prima dei biologici).

Diagnosi differenziale: In alcune situazioni, la psoriasi può essere confusa con altre dermatosi infiammatorie. È quindi fondamentale saper riconoscere le differenze principali rispetto a:

In generale, la psoriasi mostra placche ben demarcate, di solito asintomatiche o moderatamente pruriginose, croniche e recidivanti. Una corretta diagnosi differenziale è importante anche perché alcune terapie (es. corticosteroidi) possono essere appropriate per eczemi ma controindicate in psoriasi sistemica, o viceversa.

Comorbidità associate

Originariamente considerata solo una malattia cutanea, oggi la psoriasi è riconosciuta come una patologia sistemica con possibili molteplici comorbidità. L’infiammazione cronica di basso grado che la caratterizza può infatti coinvolgere altri organi e favorire lo sviluppo di condizioni associate. Le principali comorbidità riconosciute includono:

Le numerose comorbidità elencate evidenziano come la psoriasi sia più di una “semplice” malattia della pelle. Una gestione ottimale del paziente psoriasico richiede un approccio multidisciplinare: il dermatologo deve collaborare con il reumatologo per l’artrite, con l’internista/cardiologo per i fattori di rischio cardiovascolare, con lo psicologo/psichiatra per il supporto emotivo, ecc. Raccomandazioni internazionali suggeriscono di screenare regolarmente i pazienti psoriasici per: sintomi articolari (dolori, rigidità mattutina, gonfiori articolari), parametri metabolici (BMI, glicemia, profilo lipidico, pressione arteriosa), sintomi di depressione/ansia, segni di IBD, e fattori di rischio oncologici se in terapia immunosoppressiva. Questo consente di intercettare precocemente complicanze e trattarle in modo appropriato, migliorando la prognosi globale del paziente.

Linee guida diagnostiche e terapeutiche

Le linee guida internazionali (europee EADV/EDF “EuroGuiDerm”, americane AAD/NPF, britanniche NICE) concordano sul fatto che la gestione della psoriasi debba essere personalizzata in base alla gravità, alle caratteristiche del paziente e alle comorbidità. In generale, per la diagnosi non esistono criteri formalizzati dati i chiari aspetti clinici: le linee guida ribadiscono l’importanza della diagnosi clinica e della valutazione della qualità di vita (es. punteggio DLQI) per determinare l’impatto della malattia [oai_citation:61‡guidelines.edf.one](https://guidelines.edf.one//uploads/attachments/clpb19l7t20h9dtjrscvcuem7-2-disease-severity-treatment-goals-sep-2023.pdf#:~:text=Health%20related%20quality%20of%20life,and%20burden%20psoriasis%20treatment%202) [oai_citation:62‡guidelines.edf.one](https://guidelines.edf.one//uploads/attachments/clpb19l7t20h9dtjrscvcuem7-2-disease-severity-treatment-goals-sep-2023.pdf#:~:text=conducted%20in%202011%203,two%20fingernails%2C%20presence%20of%20itch). La biopsia cutanea è riservata ai casi dubbi, come già detto. Viene raccomandato di valutare sempre la presenza di artrite psoriasica (utilizzando eventualmente questionari di screening come il PEST – Psoriasis Epidemiology Screening Tool) e di tenere monitorati nel follow-up gli indici metabolici e cardiovascolari, integrando il trattamento cutaneo con misure preventive sistemiche (dieta, attività fisica, ecc.).

Per quanto riguarda il trattamento, linee guida autorevoli definiscono criteri per l’utilizzo delle diverse terapie disponibili. Un concetto chiave è la suddivisione tra malattia “lieve” vs “moderata-severa” che orienta la scelta terapeutica. In Europa, ad esempio, la consensus EDF/EADV definisce psoriasi moderata-severa se PASI superiore a 10 o BSA superiore a 10% e DLQI superiore a 10, oppure in caso di interessamento di aree particolari (viso, mani, genitali, unghie) o sintomi refrattari. In tali casi è indicata una terapia sistemica. Viceversa la psoriasi lieve (PASI, BSA e DLQI tutti ≤10) può essere gestita con terapie topiche e fototerapia.

Le linee guida europee (EuroGuiDerm/EADV), aggiornate di recente, enfatizzano un approccio “treat-to-target”: si stabiliscono obiettivi terapeutici chiari (ad esempio riduzione del PASI del 75% o più) entro un certo periodo (in genere 3-6 mesi) e se non vengono raggiunti, si deve considerare un cambio o escalation della terapia. In particolare, viene suggerito di valutare la risposta a 3 mesi dall’inizio di una terapia sistemica: un miglioramento PASI50 (riduzione del PASI del 50%) è considerato inadeguato (failure) e dovrebbe portare a modificare trattamento; un miglioramento PASI 50-75 può essere accettabile solo se accompagnato da un chiaro beneficio sulla qualità di vita (DLQI migliorato), altrimenti si considera anch’esso subottimale. L’obiettivo ideale è ottenere PASI 90 o clearance completa (clear/almost clear) in modo da massimizzare anche il benessere del paziente. Questo approccio è reso possibile dalle terapie moderne molto efficaci (biologici).

Le linee guida dell’American Academy of Dermatology (AAD), in collaborazione con il National Psoriasis Foundation (NPF), forniscono raccomandazioni simili. Sottolineano la valutazione iniziale della severità (includendo anche criteri come il coinvolgimento di aree critiche per definire la psoriasi “candidata a sistemica”) e poi un approccio graduale: terapie topiche per i casi lievi, fototerapia o sistemiche tradizionali per i moderati, e farmaci biologici per i casi moderati-gravi soprattutto se la psoriasi è diffusa o artropatica [oai_citation:69‡ncbi.nlm.nih.gov](https://www.ncbi.nlm.nih.gov/books/NBK448194/#:~:text=1,BSA%20is%20involved) [oai_citation:70‡ncbi.nlm.nih.gov](https://www.ncbi.nlm.nih.gov/books/NBK448194/#:~:text=5,Secukinumab%20is%20another%20alternative). Le linee guida AAD/NPF aggiornate includono anche raccomandazioni sull’uso di nuovi farmaci orali (es. apremilast, deucravacitinib) e biologici di ultima generazione, oltre a indicazioni sulla gestione delle comorbidità. Ad esempio, raccomandano screening annuale della depressione e valutazione del BMI e sindrome metabolica, come parte integrante del follow-up.

Le linee guida NICE britanniche forniscono criteri restrittivi soprattutto per l’accesso ai farmaci più costosi (biologici). Ad esempio, NICE raccomanda l’uso di un farmaco biologico in pazienti adulti con psoriasi a placche cronica grave definita da PASI uguale o superiore a 10 e DLQI superiore a 10, che non abbiano risposto ad almeno due terapie sistemiche convenzionali (o le abbiano controindicate). Ogni farmaco biologico approvato da NICE viene accompagnato da una technology appraisal che ne specifica le condizioni d’uso. Ad esempio, di recente NICE ha approvato il deucravacitinib (un nuovo inibitore di TYK2 orale) come opzione per la psoriasi moderata-grave in adulti che non hanno risposto ad altre sistemiche, prevedendo di sospenderlo se non si ottiene almeno PASI50 entro 3-6 mesi di terapia. Simili linee valgono per gli altri biologici: va documentata una riduzione significativa del PASI (tipicamente ≥75%) per giustificarne la continuazione, altrimenti si valuta un farmaco alternativo.

Le linee guida di diverse regioni concordano anche su alcune precauzioni: ad esempio, prima di iniziare terapie sistemiche immunosoppressive è obbligatorio escludere TBC latente, epatite B/C, HIV; durante i biologici evitare vaccini vivi attenuati e aggiornare il calendario vaccinale prima possibile. Inoltre, alcuni farmaci hanno controindicazioni specifiche: gli anti-TNF vanno evitati in pazienti con scompenso cardiaco avanzato o con storia di demielinizzazione (SM); il methotrexate è sconsigliato se fegato compromesso o gravidanza; la ciclosporina va evitata in ipertesi non controllati o con insufficienza renale; i retinoidi (acitretina) sono altamente teratogeni e controindicati in donne fertili non adeguatamente contraccettivate, ecc.

In sintesi, le linee guida attuali promuovono un approccio terapeutico personalizzato e proattivo: scegliere il trattamento adeguato al paziente (tenendo conto di gravità cutanea, presenza di artrite, comorbidità, preferenze e stile di vita), fissare obiettivi di miglioramento clinico e monitorare la risposta, modificando tempestivamente la strategia se i target non sono raggiunti. Grazie a questa filosofia, oggi l’obiettivo in psoriasi non è più solo “migliorare un po’” ma puntare alla quasi completa clearance delle lesioni, migliorando sensibilmente la qualità di vita dei pazienti.

Approccio terapeutico

Il trattamento della psoriasi si basa su diverse modalità terapeutiche che possono essere utilizzate da sole o in combinazione, a seconda della gravità e delle caratteristiche del paziente. Le opzioni comprendono terapie topiche, fototerapia, terapie sistemiche tradizionali (farmaci orali o iniettivi non-biologici) e i farmaci biologici mirati (iniettivi). Di seguito una panoramica di ciascun approccio:

Terapie topiche

Rappresentano il primo livello di trattamento, indicato per psoriasi di grado lieve o per lesioni localizzate (anche come coadiuvante in casi più estesi). I principali trattamenti topici includono:

Le terapie topiche, pur essendo efficaci per malattia limitata, diventano impraticabili se la psoriasi coinvolge aree molto estese (oltre 10-20% del corpo). Inoltre la compliance del paziente è fondamentale: applicazioni quotidiane prolungate possono essere difficili da mantenere. Per estensioni maggiori o malattia resistente ai topici, si passa a fototerapia o terapie sistemiche.

Fototerapia

La fototerapia sfrutta gli effetti immunomodulanti delle radiazioni ultraviolette (UV) per trattare la psoriasi. È indicata per psoriasi di grado moderato (soprattutto se estesa oltre il 10-15% BSA) o in caso di intolleranza/controindicazioni alle terapie sistemiche. Le modalità principali sono:

La fototerapia può portare a remissione o netto miglioramento in 1-2 mesi di trattamento. Spesso, però, le recidive avvengono entro mesi dall’interruzione. Può essere integrata con terapie topiche (ad esempio calcipotriolo) per sinergizzare l’effetto. È controindicata in pazienti con anamnesi di melanoma o alto rischio di tumori cutanei, e va usata cautela in chi assume farmaci fotosensibilizzanti. Un aspetto pratico è che richiede la disponibilità del paziente a recarsi frequentemente in ospedale/centro per le sedute.

Terapie sistemiche tradizionali

Comprendono vari farmaci per via orale o iniettiva non biologici, indicati per psoriasi moderata-grave o che coinvolge aree estese/delicate, specialmente se non adeguatamente controllata con topici o fototerapia. I principali sono:

Terapie biologiche e piccole molecole mirate

Negli ultimi 15-20 anni, i farmaci biologici hanno rivoluzionato il trattamento della psoriasi moderata-grave. Si tratta di anticorpi monoclonali o proteine di fusione ingegnerizzate che bloccano selettivamente specifici bersagli del processo immunitario psoriasico (citochine o loro recettori). La loro efficacia è elevata: la maggior parte dei pazienti ottiene miglioramenti superiore al 75% (PASI75) e in molti casi pelle quasi completamente libera da lesioni (PASI90-100), con miglioramento significativo della qualità di vita. I principali biologici approvati per psoriasi sono:

In generale, la scelta del biologico dipende da molte variabili: presenza di artrite (dove TNF o IL-17 sono ben studiati), comorbidità (es. storia di IBD favorisce ustekinumab o anti-IL23; scompenso cardiaco esclude anti-TNF; paziente obeso: anti-IL17/23 non risentono del peso mentre alcuni studi suggeriscono minore efficacia di ustekinumab nei molto obesi), preferenze del paziente su frequenza di iniezioni, costo e rimborsabilità, ecc. La tendenza attuale è iniziare direttamente con un biologico di ultima generazione nei pazienti con psoriasi molto grave o che richiedono remissione rapida, data la loro sicurezza ed efficacia. Alcune linee guida (es. in Francia, Regno Unito) possono richiedere di provare prima terapie tradizionali (MTX, ciclosporina) a meno di controindicazioni, prima di passare ai biologici.

Un’ulteriore novità è rappresentata dalle small molecules mirate orali oltre ad apremilast menzionato sopra. Recentemente, ad esempio, è stato approvato il Deucravacitinib, inibitore selettivo di TYK2 (tirosina chinasi 2, coinvolta nelle vie di IL-23 e IFN di tipo I). È un piccolo farmaco orale, da assumere una volta al giorno, con efficacia superiore ad apremilast (in studi clinici ha portato ~50% di PASI75 a 16 settimane) e un profilo di sicurezza discreto (qualche rialzo di enzimi epatici e colesterolo, infezioni delle alte vie respiratorie). Deucravacitinib offre un’opzione in più per chi preferisce la via orale e potrebbe colmare il gap tra apremilast e i biologici in termini di efficacia. Altri JAK-inibitori orali (tofacitinib, baricitinib) non sono approvati per la psoriasi cutanea (tofacitinib lo è per l’artrite psoriasica), a causa di un rapporto rischio/beneficio non nettamente favorevole.

In conclusione, l’approccio terapeutico alla psoriasi richiede spesso di combinare e sequenziare le terapie: ad esempio un paziente può iniziare con MTX, poi passare a un biologico se la risposta è insufficiente, continuare col biologico per anni finché efficace; oppure un altro può usare topici e fototerapia per anni e solo in seguito aver bisogno di sistemiche. L’importante è adeguare il trattamento all’andamento della malattia e alle esigenze del paziente, sempre monitorando sicurezza ed efficacia. L’obiettivo è una pelle libera o quasi libera da lesioni (clear or almost clear) e mantenere questo risultato nel tempo, minimizzando gli effetti collaterali.

Monitoraggio e follow-up

La gestione della psoriasi è cronica e richiede un attento follow-up. Gli obiettivi del monitoraggio sono molteplici:

La frequenza delle visite dipende dalla gravità e dalla terapia in corso. In generale, un paziente in terapia sistemica viene rivisto dopo 1-3 mesi dall’inizio per valutare la risposta e gli esami di laboratorio, poi ogni 3-6 mesi se stabile. Chi è in trattamento topico può essere controllato ogni 4-6 mesi se va bene, o prima se servono aggiustamenti. Le visite dovrebbero includere l’ispezione di tutte le sedi tipiche (compreso cuoio capelluto, unghie, pieghe) e la palpazione delle articolazioni periferiche per cogliere eventuali segni di artrite. Un ruolo importante possono averlo gli infermieri specializzati in psoriasi, che in alcuni centri seguono i pazienti per l’educazione sul corretto uso dei farmaci (ad es. iniezioni dei biologici) e fanno da riferimento per dubbi tra una visita e l’altra.

In sintesi, il follow-up deve essere proattivo: non solo controllare la pelle, ma monitorare tutto l’insieme della salute del paziente psoriasico, adattando la strategia terapeutica quando necessario. Solo così si può garantire un controllo ottimale a lungo termine di una patologia cronica e sistemica quale è la psoriasi.

Aspetti psicologici e qualità di vita

La psoriasi ha un impatto profondo sulla qualità di vita dei pazienti, spesso paragonabile a quello di malattie croniche come diabete o cardiopatie. Le manifestazioni cutanee visibili possono infatti influenzare la sfera psicologica, le relazioni sociali e affettive e la vita lavorativa. Gli aspetti psicologici principali da considerare sono:

Il ruolo del dermatologo e del team curante non è solo quello di prescrivere farmaci, ma anche di fornire sostegno emotivo e informazioni. Un tono di comunicazione empatico, rassicurare il paziente che non è solo (la psoriasi è comune e molte terapie funzionano), incoraggiarlo nei momenti di sconforto, sono parte integrante della cura. Può essere utile anche avvalersi di figure come l’infermiere psoriatico o il counselor se disponibili, o indirizzare a risorse quali gruppi di supporto o materiali educativi.

Infine, alcuni studi suggeriscono benefici da approcci complementari per la sfera psicologica: ad esempio tecniche di biofeedback, yoga, meditazione, o programmi di resilienza e gestione dello stress specifici per pazienti dermatologici, che possono migliorare la qualità di vita e talvolta anche il decorso cutaneo (riducendo i trigger psicosomatici).

In sintesi, la psoriasi va affrontata considerando la persona nella sua globalità: curare la pelle senza considerare l’impatto psicologico rischia di lasciare incompleto il percorso di cura. Una psoriasi ben controllata dal punto di vista clinico e un paziente supportato nella gestione emotiva sono l’obiettivo ultimo di un trattamento di successo.

Considerazioni speciali

Psoriasi in gravidanza

La gestione della psoriasi in gravidanza richiede attenzione particolare per tutelare il feto ed adattare le terapie. Innanzitutto, il decorso della psoriasi durante la gravidanza è variabile: circa un terzo delle pazienti riferisce un miglioramento spontaneo (probabilmente legato alle modifiche immunologiche della gestazione, orientate verso Th2), un terzo un peggioramento, e il resto stabilità. Dopo il parto, però, sono comuni le riacutizzazioni (post-partum flare). Dal punto di vista terapeutico, molte opzioni sistemiche sono controindicate:

Bambini e adolescenti

La psoriasi può manifestarsi già nell’infanzia (anche nei neonati, sebbene più raramente). Circa un terzo dei pazienti ha esordio prima dei 16 anni. Trattare i pazienti pediatrici presenta sfide particolari, legate sia alle differenze cliniche che alla scelta di terapie adatte all’età:

La psoriasi pediatrica può regredire alla pubertà in alcuni casi, ma non c’è garanzia. A volte persiste nell’età adulta. È importante un follow-up anche in transizione all’età adulta, assicurando continuità di cure (es. trasferimento a dermatologo dell’adulto se necessario). In sintesi, nel bambino si preferiscono approcci meno invasivi possibile, ma senza esitare a trattare in modo adeguato le forme che impattano su crescita e benessere del piccolo paziente. La collaborazione con i genitori è cruciale per il successo terapeutico.

Psoriasi nell’anziano

Nei pazienti anziani (≥65 anni) la psoriasi pone considerazioni specifiche principalmente per la presenza di comorbidità e la maggiore sensibilità agli effetti collaterali dei farmaci. Aspetti da considerare:

In termini di terapia sistemica, i biologici vengono sempre più usati anche negli anziani con psoriasi grave, perché non presentano tossicità d’organo cumulativa come MTX o ciclosporina. Studi ed esperienza clinica suggeriscono che i biologici mantengono un buon profilo di sicurezza anche oltre i 65-70 anni, sebbene il paziente vada monitorato strettamente per infezioni opportunistiche (es. herpes zoster, motivo per cui può essere indicato vaccinare per lo zoster prima di iniziare la terapia in quell’età). Il dosaggio dei biologici non cambia con l’età (non essendo farmaci con range terapeutico ristretto e non essendo eliminati per via epatica/renale in modo significativo).

In definitiva, nella psoriasi dell’anziano il principio è “start low and go slow”: iniziare con dosi basse dove possibile, monitorare di frequente, ed essere pronti a modificare la terapia ai primi segni di effetti avversi. La sicurezza assume un ruolo ancora più centrale, bilanciando sempre il beneficio di controllare la malattia (che comunque negli anziani può essere debilitante, specie se pruriginosa o estesa) con il rischio tollerato. Con le dovute cautele, anche i pazienti anziani possono beneficiare delle terapie moderne e ottenere un ottimo controllo della psoriasi, migliorando la loro qualità di vita.


Fonti: Linee guida EADV/EDF EuroGuiDerm, AAD-NPF e NICE; StatPearls NCBI; JEADV; Cutis 2024; dati epidemiologici internazionali e letteratura su comorbidità e altre fonti citate nel testo.