La famiglia Herpesviridae comprende un gruppo di virus a DNA di grandi dimensioni, noti per la loro capacità di causare infezioni latenti e ricorrenti nell'uomo. Il termine "herpes" deriva dal greco herpein, che significa letteralmente "strisciare", in riferimento alla tipica comparsa graduale delle lesioni cutanee. Questi virus sono rivestiti da un pericapside (envelope) e presentano un capside icosaedrico che racchiude un genoma di DNA a doppia elica lineare. Nella pratica clinica, le infezioni da Herpesviridae sono estremamente comuni: la maggior parte della popolazione contrae uno o più di questi virus già in giovane età.
Una caratteristica peculiare degli Herpesviridae è la capacità di rimanere silenti (in forma latente) all'interno dell'organismo dopo la prima infezione. In altre parole, una volta che l'ospite ha contratto il virus, questo non viene mai completamente eliminato dal sistema immunitario, ma persiste "dormiente" in specifiche cellule bersaglio. Periodicamente il virus può riattivarsi dallo stato di latenza, replicarsi e causare una nuova manifestazione clinica (recidiva), soprattutto in presenza di fattori scatenanti come stress, febbre, esposizione solare intensa o immunodepressione.
Nonostante la somiglianza strutturale, i vari herpesvirus umani provocano quadri clinici anche molto differenti tra loro. Alcuni causano principalmente infezioni cutanee o mucose localizzate (ad esempio l'herpes labiale), altri sono responsabili di malattie sistemiche (come la mononucleosi infettiva) e alcuni possono contribuire allo sviluppo di neoplasie. Ciò che li accomuna è la tendenza a dar luogo a infezioni croniche, con fasi di latenza e riattivazione. La trasmissione degli Herpesviridae richiede in genere un contatto ravvicinato con le secrezioni infette (saliva, secrezioni genitali, contatto diretto con lesioni cutanee), poiché questi virus sopravvivono poco nell'ambiente esterno.
Ad oggi sono noti otto Herpesvirus umani, indicati dalla sigla HHV (Human Herpesvirus) seguita da un numero progressivo. Nei prossimi paragrafi passeremo in rassegna la classificazione di questi virus e, in dettaglio, le caratteristiche di ciascun membro della famiglia, con particolare attenzione alle manifestazioni dermatologiche, agli eventuali coinvolgimenti sistemici, alla diagnosi differenziale in ambito dermatologico e agli approcci di trattamento e prevenzione.
Gli Herpesviridae umani sono suddivisi in tre sottofamiglie principali, definite in base a caratteristiche biologiche e al tipo di cellule in cui il virus stabilisce la latenza:
Oltre agli otto herpesvirus umani, esistono numerosi herpesvirus che infettano altre specie animali. Gli herpesvirus sono in genere specie-specifici: ad esempio, l'herpes B del macaco può infettare l'uomo solo in casi eccezionali, causando encefalite grave. Nel seguito del trattato ci concentreremo esclusivamente sugli herpesvirus umani (HHV-1 fino a HHV-8).
HSV-1 è il prototipo degli Alphaherpesvirinae ed è probabilmente l'herpesvirus umano più diffuso. La trasmissione avviene principalmente per contatto diretto con saliva o secrezioni orali: non a caso, l'infezione primaria da HSV-1 avviene spesso nell'infanzia (tramite baci o oggetti condivisi in famiglia). Molti individui contraggono HSV-1 già da piccoli, sebbene in una buona percentuale dei casi l'infezione iniziale passi inosservata o provochi sintomi lievi.
Quando l'infezione primaria da HSV-1 è sintomatica, tende a manifestarsi come gengivostomatite erpetica acuta, specialmente nei bambini. Questa condizione è caratterizzata da febbre, irritabilità, gengive infiammate e numerose piccole ulcerazioni dolorose nel cavo orale (mucose di bocca, lingua) e sulle labbra. Le lesioni guariscono spontaneamente in 2-3 settimane, ma possono rendere difficoltosa l'alimentazione e richiedere terapia di supporto (idratazione, analgesici) durante la fase acuta. Dopo la risoluzione dell'episodio primario, HSV-1 diventa latente nei gangli del nervo trigemino.
Herpes labiale: la riattivazione di HSV-1 causa le classiche "vescicole febbrili" sul labbro. L'herpes labiale è probabilmente la manifestazione cutanea più nota: piccoli gruppi di vescicole trasparenti su base arrossata, localizzati sul vermiglio del labbro o attorno alle labbra. Le vescicole tendono a rompersi e formare crosticine giallaste nel giro di pochi giorni. L'episodio può essere preceduto da sintomi prodromici come prurito, bruciore o tensione localizzata sul punto in cui compariranno le lesioni. Le recidive di herpes labiale guariscono spontaneamente in circa 7-10 giorni. In genere gli episodi ricorrenti sono più lievi e di durata inferiore rispetto alla prima infezione, dato che il sistema immunitario dell'ospite contiene parzialmente la replicazione virale.
Oltre alle labbra, HSV-1 può colpire altre sedi cutanee: ad esempio il patereccio erpetico è un'infezione da HSV del dito (di solito a livello di polpastrello o attorno all'unghia), che si manifesta con un'area localizzata molto dolorosa, arrossata e tumefatta, a volte con piccole vescicole. Questa situazione si verifica quando il virus penetra attraverso microlesioni cutanee: capita non di rado nei bambini che succhiano il dito in presenza di herpes orale, oppure in operatori sanitari che vengono a contatto con il virus senza adeguata protezione.
Un'altra presentazione atipica è l'herpes gladiatorum, così chiamato perché descritta in lottatori e atleti di sport da contatto: si tratta di un'infezione cutanea diffusa da HSV-1 dovuta al contatto diretto pelle-a-pelle, spesso con lesioni al volto, collo e torace.
Nei pazienti con dermatite atopica (eczema), l'infezione da HSV-1 può generalizzarsi causando il temibile eczema herpeticum (o eruzione varicelliforme di Kaposi). In questa complicanza, il virus si diffonde ampiamente sulla cute affetta da eczema, provocando un'eruzione disseminata di vescicole e pustole dolorose, spesso accompagnata da febbre e malessere. L'eczema herpeticum è una emergenza dermatologica, poiché può portare a sovrainfezioni batteriche e a un coinvolgimento sistemico; richiede terapia antivirale sistemica tempestiva.
Interessamento sistemico: sebbene HSV-1 prediliga la regione orofacciale, in alcuni casi può causare infezioni più profonde. La complicanza più grave è l'encefalite erpetica, un'infiammazione del cervello dovuta alla riattivazione del virus (di solito nel lobo temporale) con tassi elevati di mortalità e di sequele neurologiche se non trattata prontamente. HSV-1 è infatti la causa più comune di encefalite virale sporadica nell'adulto. Un segno tipico dell'encefalite erpetica sono le convulsioni precoci ripetute. Fortunatamente, la prognosi è migliorata grazie alla disponibilità di aciclovir endovena, che è il trattamento di scelta in caso di sospetta encefalite da HSV.
HSV-1 può inoltre causare cheratite e congiuntivite erpetica (infezioni dell'occhio) che, se recidivanti, possono danneggiare la cornea. Nei pazienti gravemente immunocompromessi (ad esempio AIDS non trattato, trapiantati in terapia immunosoppressiva) l'HSV-1 può dare quadri atipici, come lesioni muco-cutanee croniche che non guariscono, esofagite, polmonite ed epatite da HSV disseminato. È importante ricordare che la presenza di ulcere erpetiche croniche (oltre un mese di durata) è considerata una condizione indicativa di AIDS nei pazienti HIV positivi.
HSV-2 è strettamente imparentato con HSV-1, con cui condivide molte caratteristiche biologiche (entrambi sono Alphaherpesvirinae). Tuttavia, HSV-2 predilige la regione genitale e si trasmette prevalentemente per via sessuale. L'infezione da HSV-2 viene spesso acquisita nell'adolescenza o in età adulta giovane, in corrispondenza dell'inizio dell'attività sessuale. Si stima che una percentuale significativa della popolazione abbia contrattato HSV-2, anche se non tutti ne sono consapevoli: l'infezione può decorrere in modo asintomatico o con sintomi sfumati in molti casi.
La presentazione tipica dell'infezione primaria da HSV-2 è l'herpes genitale acuto. Dopo un periodo di incubazione di circa 4-7 giorni dal contatto infettante, compaiono lesioni dolorose nella regione ano-genitale: piccoli gruppi di vescicole su base eritematosa che evolvono rapidamente in ulcerazioni superficiali. Nelle donne, le lesioni possono interessare vulva, vagina e cervice uterina; negli uomini, il pene (spesso il glande o il prepuzio) è la sede più coinvolta, ma anche lo scroto e la regione perianale possono essere colpiti. L'herpes genitale primario è spesso accompagnato da sintomi sistemici più pronunciati rispetto all'herpes labiale: febbre, malessere, mal di testa e linfonodi inguinali ingrossati e dolenti. Possono comparire difficoltà a urinare a causa del dolore e dell'irritazione uretrale. Nelle prime 2 settimane possono svilupparsi nuove vescicole a ondate successive. La guarigione completa richiede generalmente 2-4 settimane nella prima infezione.
Dopo la fase acuta, HSV-2 entra in latenza nei gangli nervosi sacrali. Analogamente a HSV-1, il virus può riattivarsi periodicamente causando recidive di herpes genitale. Le recidive tendono a essere più miti e di durata inferiore (7-10 giorni) rispetto all'episodio primario, con meno vescicole e sintomi sistemici assenti o lievi. Frequentemente i pazienti avvertono un prodromo (formicolio, prurito o lieve dolore locale) prima della comparsa delle lesioni recidivanti. La frequenza delle recidive varia molto: è in genere più alta nel primo anno dopo l'infezione, poi tende a diminuire col tempo. Fattori come stress, traumi locali, altre infezioni o cali delle difese immunitarie possono scatenare le riattivazioni. Va sottolineato che l'eliminazione (shedding) del virus può avvenire anche in assenza di lesioni visibili, rendendo possibile la trasmissione asintomatica del contagio.
HSV-2 può occasionalmente causare lesioni in sedi extragenitali (ad esempio ulcere erpetiche su glutei o cosce, legate a rapporti orogenitali o a autoinoculazione). In rari casi, HSV-2 è implicato in infezioni orali indistinguibili da quelle sostenute da HSV-1. Di fatto, entrambi i tipi 1 e 2 possono causare herpes orale e genitale, ma per convenzione HSV-1 viene associato alle infezioni "sopra la cintura" e HSV-2 a quelle "sotto la cintura".
Complicanze neurologiche e sistemiche: l'HSV-2 è una causa riconosciuta di meningite virale (meningite linfocitaria acuta benigna). Una meningite da HSV-2 può comparire in corso di un'infezione genitale primaria o recidivante, manifestandosi con febbre, cefalea intensa e rigidità nucale; generalmente è autolimitante, ma in alcuni individui può presentarsi come meningite ricorrente (la cosiddetta meningite di Mollaret). Inoltre, HSV-2 può causare una radicolite sacrale con dolore neuropatico agli arti inferiori, parestesie, e disturbi sfinterici (sindrome di Elsberg). Molto più raramente rispetto a HSV-1, anche HSV-2 può causare encefalite.
Herpes neonatale: una delle più temibili conseguenze dell'infezione da HSV-2 è il rischio di trasmissione al neonato durante il parto. Se una donna incinta contrae HSV-2 in prossimità del termine di gravidanza (infezione primaria) o presenta lesioni erpetiche genitali attive al momento del parto, il neonato può acquisire l'infezione passando attraverso il canale del parto. L'infezione neonatale da HSV è grave: può presentarsi con lesioni diffuse sulla pelle, mucose e occhi del neonato (forma cutanea), con un coinvolgimento del sistema nervoso centrale (meningoencefalite neonatale) o in forma disseminata multiorgano. La mortalità e il rischio di esiti neurologici permanenti sono elevati se il neonato non viene trattato tempestivamente con antivirali per via endovenosa. Per prevenire l'herpes neonatale, è fondamentale identificare le donne in gravidanza con infezione da HSV-2: nelle donne con storia di herpes genitale si può offrire una profilassi antivirale soppressiva nelle ultime settimane di gestazione e, se sono presenti lesioni o sintomi prodromici al momento del travaglio, è indicato il parto cesareo per evitare il contatto del bambino con le lesioni infette.
Nei pazienti immunocompromessi, l'HSV-2 può comportarsi in modo simile a HSV-1, causando ulcerazioni genitali croniche che faticano a guarire, malattie sistemiche disseminate e complicanze viscerali. Anche per HSV-2, ulcere genitali persistenti per oltre un mese in un paziente HIV positivo sono un criterio diagnostico di AIDS. Inoltre, l'infezione genitale da HSV-2 è stata associata a un aumento del rischio di trasmissione e acquisizione dell'HIV, probabilmente a causa dell'infiammazione e delle microlesioni che facilitano l'ingresso del virus HIV.
VZV, o virus della Varicella-Zoster, è un altro membro degli Alphaherpesvirinae e il terzo herpesvirus umano (HHV-3). È l'agente eziologico di due distinti quadri clinici: la varicella, che corrisponde all'infezione primaria, e l'herpes zoster, che corrisponde alla riattivazione del virus latente. Il VZV si trasmette efficacemente per via aerea (attraverso droplets respiratori) oltre che per contatto diretto con le lesioni cutanee; è altamente contagioso.
Varicella: prima dell'introduzione diffusa del vaccino, la varicella era una tipica malattia esantematica dell'infanzia. Dopo un'incubazione di circa 10-21 giorni, il paziente (spesso un bambino in età scolare) sviluppa febbre moderata, malessere e il caratteristico esantema varicelloso. L'eruzione cutanea inizia tipicamente sul tronco e sul cuoio capelluto, per poi estendersi al viso e al resto del corpo. Le lesioni passano attraverso stadi successivi nell'arco di poche ore: compaiono inizialmente come macule eritematose, poi papule, quindi vescicole a parete sottile dal contenuto chiaro ("a goccia di rugiada su un petalo di rosa") e infine pustole che si rompono formando croste. Un elemento distintivo della varicella è la presenza contemporanea di lesioni in differenti stadi evolutivi (macule, vescicole e croste) visibili in un'unica regione cutanea. Le vescicole della varicella sono molto pruriginose, e nei bambini piccoli è difficile evitare che si grattino: ciò può favorire sovrainfezioni batteriche delle lesioni (ad esempio da stafilococco) e la formazione di cicatrici atrofiche. Di solito nuove lesioni compaiono a ondate per 3-4 giorni; dopo circa 7-10 giorni tutte le vescicole evolvono in croste che poi cadono.
La varicella è generalmente ben tollerata nei bambini sani, a parte il disagio del prurito. Negli adolescenti e negli adulti l'infezione primaria può però essere più severa: la febbre tende a essere più alta e prolungata, e il rischio di complicanze aumenta. Una temibile complicanza è la polmonite varicellosa, più frequente negli adulti (in particolare nelle donne in gravidanza), che può portare a insufficienza respiratoria. Altre complicanze includono l'encefalite (ad esempio l'atassia cerebellare post-varicella nei bambini, di solito transitoria) e l'epatite. Nei pazienti immunodepressi, la varicella può assumere connotati drammatici, con lesioni emorragiche diffuse, polmonite grave e disseminazione viscerale.
Dopo la guarigione dalla varicella, il virus non viene eliminato dall'organismo ma rimane quiescente nei gangli delle radici nervose dorsali del midollo spinale o nei gangli dei nervi cranici. A distanza di molti anni, in seguito a un calo dell'immunità specifica, il VZV latente può riattivarsi e raggiungere la cute nell'area innervata dal ganglio infetto, causando il quadro clinico dell'herpes zoster.
Herpes zoster (Fuoco di Sant'Antonio): è la riattivazione localizzata di VZV. Si manifesta tipicamente in persone di mezza età o anziane, oppure in soggetti più giovani con immunodeficienze. L'esordio dell'herpes zoster è spesso preceduto da dolore, bruciore o formicolio in un ben definito territorio cutaneo (dermatomero). Dopo 1-3 giorni compare l'eruzione: gruppi di vescicole su base eritematosa, simili a quelle della varicella ma localizzate in modo segmentario lungo il decorso di un nervo cutaneo. Le sedi più colpite sono il torace (distribuzione lungo uno o più spazi intercostali) e il volto (interessamento di rami del trigemino). Le lesioni dell'herpes zoster sono generalmente monolaterali e non oltrepassano la linea mediana. Nel giro di 7-10 giorni le vescicole evolvono in croste e il processo si risolve in 2-4 settimane. Nei casi tipici, un episodio di zoster è unico nella vita, a differenza dell'herpes simplex che può recidivare molte volte (tuttavia in soggetti immunodeficienti il fuoco di Sant'Antonio può ripresentarsi).
La nevralgia post-erpetica è la complicanza più comune dell'herpes zoster: consiste in un dolore neuropatico cronico nella sede colpita, che persiste per mesi o anni dopo la guarigione delle lesioni cutanee. Colpisce soprattutto i pazienti più anziani e può essere estremamente invalidante. Altre complicanze dello zoster dipendono dal nervo coinvolto: ad esempio, l'herpes zoster oftalmico (interessamento del ramo oftalmico del trigemino) può causare cheratocongiuntivite con rischio di danni permanenti alla vista; la sindrome di Ramsay Hunt si ha quando viene coinvolto il ganglio genicolato del faciale, causando paralisi del nervo facciale associata a un'eruzione vescicolare nel canale uditivo esterno e sul padiglione auricolare. In pazienti immunodepressi, il VZV può riattivarsi in modo disseminato, dando luogo a un quadro simile a una varicella grave (zoster disseminato), con possibile interessamento multiorgano.
Grazie alla disponibilità di vaccini efficaci, l'incidenza della varicella grave e delle complicanze dello zoster si è ridotta nelle popolazioni dove la vaccinazione è praticata. La terapia antivirale specifica (aciclovir, valaciclovir o famciclovir) può accelerare la guarigione sia della varicella sia dello zoster, soprattutto se iniziata precocemente: di questi aspetti si discuterà più avanti.
EBV, o virus di Epstein-Barr, appartiene alla sottofamiglia Gammaherpesvirinae ed è l'agente della mononucleosi infettiva, anche nota come "malattia del bacio". La trasmissione avviene infatti principalmente attraverso la saliva. L'infezione primaria da EBV è molto comune: se contratta in età pediatrica, spesso decorre in modo asintomatico o come un banale mal di gola. Quando invece l'infezione avviene negli adolescenti o giovani adulti, nel 30-50% dei casi si manifesta la sindrome clinica della mononucleosi infettiva.
Mononucleosi infettiva: il quadro classico comprende febbre elevata, faringotonsillite acuta (mal di gola con tonsille ipertrofiche spesso ricoperte di essudato biancastro) e linfoadenopatia generalizzata, in particolare dei linfonodi cervicali posteriori. I pazienti lamentano intensa stanchezza, possono avere ingrossamento della milza (splenomegalia) e talvolta del fegato. Un segno caratteristico è la comparsa di petecchie sul palato molle. Gli esami del sangue mostrano tipicamente linfocitosi con presenza di linfociti "atipici" (linfociti T reattivi di grandi dimensioni). La diagnosi è confermata dalla positività degli anticorpi eterofili (test Monospot) e/o degli anticorpi specifici anti-EBV (VCA, EBNA).
La mononucleosi infettiva è di solito autolimitante nell'arco di 2-4 settimane. Il trattamento è sintomatico (riposo, idratazione, antipiretici); è importante evitare attività a rischio di traumi addominali per alcune settimane, finché la splenomegalia persiste, per prevenire rotture della milza. Un aspetto dermatologico rilevante è la comparsa di un esantema maculo-papuloso generalizzato in seguito all'assunzione erronea di antibiotici aminopenicillini (come amoxicillina o ampicillina) durante la mononucleosi: circa 9 pazienti su 10 sviluppano una vistosa eruzione cutanea eritematosa pruriginosa dopo pochi giorni di terapia antibiotica, fenomeno che in genere suggerisce la diagnosi di EBV a posteriori. Tale rash non è una vera allergia al farmaco, ma una reazione immunologica transitoria legata all'infezione virale.
Oltre al rash da farmaci, l'EBV di per sé raramente provoca manifestazioni cutanee nel corso della mononucleosi acuta, se si eccettua un possibile esantema morbilliforme spontaneo in una minoranza di casi. In alcuni bambini, l'EBV è stato associato a una dermatite papulosa chiamata sindrome di Gianotti-Crosti (acrodermatite papulosa dell'infanzia), caratterizzata da piccole papule su guance, natiche e arti, autolimitante. Nei pazienti immunocompromessi, l'EBV può causare la leucoplachia orale villosa (lesioni bianche verrucose sulla lingua, tipiche nei pazienti con AIDS avanzato).
Latenza e complicanze sistemiche: l'EBV rimane latente nei linfociti B memoria per tutta la vita dell'ospite. La risposta immunitaria contro EBV è in genere efficace nel controllare il virus, ma una moderata riattivazione asintomatica può avvenire periodicamente, con eliminazione di virus nella saliva. In situazioni di grave immunosoppressione (come nei trapiantati o nei pazienti con AIDS), la replicazione incontrollata di EBV può portare a sindromi linfoproliferative potenzialmente letali (ad esempio i linfomi B post-trapianto). Inoltre, l'infezione da EBV è associata allo sviluppo di alcuni tumori umani: classicamente il linfoma di Burkitt endemico (tipico dell'Africa equatoriale nei bambini), il carcinoma nasofaringeo (in Asia orientale) e una proporzione di linfomi di Hodgkin e altri linfomi in soggetti immunodepressi. Studi recenti hanno anche suggerito un legame tra infezione da EBV e malattie autoimmuni come la sclerosi multipla. È importante notare che, a differenza di HSV-1/2 e VZV, l'EBV non causa generalmente infezioni cutanee localizzate: le sue manifestazioni dermatologiche sono perlopiù indirette o legate allo stato immunitario dell'ospite.
Cytomegalovirus (CMV) appartiene ai Betaherpesvirinae ed è un virus molto diffuso: si stima che tra il 50% e il 100% degli adulti nel mondo sia stato infettato da CMV, con variazioni geografiche. La trasmissione avviene tramite fluidi corporei infetti (saliva, urine, sangue, liquidi biologici, contatti sessuali, latte materno) e anche tramite trapianto di organi infetti. Nell'individuo immunocompetente, l'infezione primaria da CMV è spesso asintomatica. Talora può presentarsi come una sindrome simil-mononucleosica (febbre, stanchezza, linfocitosi atipica) molto simile alla mononucleosi da EBV, ma senza faringite e con test eterofili negativo. In ogni caso, dopo la prima infezione il virus permane latente nell'organismo (nei linfociti, nei monociti e in vari tessuti come le ghiandole salivari e i reni), tenuto sotto controllo dal sistema immunitario.
Infezione congenita da CMV: il CMV è la principale causa infettiva di anomalie congenite nei neonati. Se una donna contrae l'infezione primaria in gravidanza, il virus può attraversare la placenta e infettare il feto. Circa il 10% dei neonati con infezione congenita presenta la malattia citomegalica congenita, caratterizzata da basso peso alla nascita, petecchie diffuse sulla pelle (rash "a blueberry muffin"), ittero, epatosplenomegalia, microcefalia, calcificazioni cerebrali periventricolari e corioretinite. Le petecchie "a muffin ai mirtilli" rappresentano siti di emopoiesi extramidollare nel derma. Molti di questi neonati purtroppo vanno incontro a disabilità permanenti, in particolare ipoacusia neurosensoriale (il CMV congenito è una delle cause più importanti di sordità infantile non genetica). Il restante 90% dei neonati infetti congenitamente appare sano alla nascita, ma alcuni svilupperanno perdita dell'udito o altri disturbi entro i primi anni di vita. La diagnosi di infezione congenita avviene tramite rilevamento del virus (PCR o coltura) nelle urine o saliva neonatali entro le prime 2 settimane di vita.
CMV e immunodepressione: in soggetti con deficit immunitario (pazienti con AIDS avanzato, trapiantati d'organo, pazienti in chemioterapia intensiva), il CMV rappresenta un patogeno opportunista di prim'ordine. La retinite da CMV nei pazienti con AIDS è una causa frequente di perdita della vista (caratteristicamente, all'esame del fundus, si osservano emorragie ed essudati "a formaggio e ketchup"). Il CMV può causare inoltre polmonite interstiziale, colite con diarrea e ulcere intestinali, esofagite ulcerativa, encefalite e coinvolgimento di quasi ogni organo nei pazienti immunocompromessi. Spesso l'infezione da CMV è dovuta a riattivazione del virus latente del donatore o del ricevente; per questo nei trapiantati è prassi effettuare profilassi antivirale (es. con valganciclovir) o monitoraggio periodico della viremia per avviare un trattamento pre-emptive.
Nei pazienti immunocompetenti, il CMV raramente causa manifestazioni dermatologiche evidenti. In alcuni casi di mononucleosi da CMV può comparire un esantema morbilliforme (simile a quello di EBV). Nei pazienti immunodepressi, invece, possono riscontrarsi lesioni cutanee da CMV, anche se non frequenti: ulcere croniche perianali o orali in pazienti AIDS, noduli dermici, petecchie o esantemi generalizzati possono essere manifestazioni cutanee di una disseminazione da CMV. La conferma diagnostica richiede biopsia delle lesioni con evidenza di inclusioni citomegaliche (corpi inclusi "a occhio di gufo") nelle cellule o PCR virale su tessuti.
Il trattamento delle infezioni da CMV significative (congenite o in pazienti a rischio) si basa su antivirali specifici come ganciclovir (o il suo profarmaco valganciclovir). Di questi aspetti terapeutici e delle possibilità di prevenzione si parlerà più avanti.
HHV-6 è un Betaherpesvirus noto soprattutto come causa della rosolia infantile o sesta malattia (nome scientifico: exanthema subitum o roseola infantum). In realtà i ceppi di HHV-6 sono distinti in due varianti, A e B: la variante B è la principale responsabile della sesta malattia. Il virus si trasmette tramite saliva e colpisce quasi universalmente i bambini entro i primi 2-3 anni di vita (con un picco tra 6 e 15 mesi). Dopo un'incubazione di circa 1-2 settimane, la malattia esordisce con febbre elevata improvvisa (spesso sopra i 39°C) che dura 3-5 giorni e può provocare irritabilità nel lattante ma spesso pochi altri sintomi. Nonostante la febbre alta, il bambino di solito non appare gravemente malato. In circa il 10-15% dei casi di roseola, la febbre può scatenare convulsioni febbrili, data la giovane età dei pazienti.
Quando la febbre cala, tipicamente compare un esantema improvviso: macule e papule di colore rosa pallido, diffuse soprattutto al tronco e al collo, meno a viso e arti. Il rash non è pruriginoso e tende a scomparire spontaneamente nel giro di 1-2 giorni senza desquamazione. Spesso l'esantema passa inosservato o è molto fugace. La caratteristica principale è dunque la sequenza "alta febbre prima, rash dopo": questo aiuta a distinguere la roseola da altre malattie esantematiche come il morbillo o la rosolia, in cui la febbre e il rash coesistono. Una volta risolta l'infezione acuta, HHV-6 rimane latente nell'organismo (in linfociti T, monociti e cellule delle ghiandole salivari) e persiste per tutta la vita, generalmente senza dare problemi.
Nei soggetti immunocompetenti, la sesta malattia è solitamente benigna e non richiede trattamenti specifici, se non il controllo della febbre per il comfort del bambino. È una delle classiche malattie esantematiche pediatriche e molti specializzandi in dermatologia la conoscono già per esperienza diretta o indiretta. Complicanze a lungo termine sono eccezionali.
HHV-6 e immunosoppressione: in pazienti immunocompromessi, specialmente nei trapiantati di midollo osseo, la riattivazione di HHV-6 può causare problemi significativi. Può manifestarsi con febbre protratta, disfunzioni midollari (mielosoppressione) e anche encefalite (in particolare, è stata descritta un'encefalite limbica da HHV-6 nei pazienti trapiantati, caratterizzata da disturbi della memoria e convulsioni). In questi casi è necessario un trattamento antivirale (ad esempio con ganciclovir o foscarnet). Alcune ricerche hanno suggerito un possibile legame tra HHV-6 e certe condizioni come la sclerosi multipla o la sindrome da fatica cronica, ma il ruolo del virus in queste patologie non è ancora chiarito.
Infine, è interessante notare che HHV-6 è stato talvolta chiamato in causa come possibile cofattore nella pitiriasi rosea di Gibert, un diffuso esantema squamoso dell'adulto giovane, insieme al correlato HHV-7 (sebbene la relazione causale non sia definitiva). Nel complesso, però, la manifestazione cutanea per eccellenza legata a HHV-6 rimane la roseola infantile.
HHV-7 è un altro Betaherpesvirus strettamente correlato a HHV-6. Viene anch'esso acquisito nella prima infanzia (di solito dopo i 2-3 anni di età, leggermente più tardi rispetto a HHV-6) attraverso la saliva. La maggior parte delle persone è sieropositiva per HHV-7 già all'adolescenza. A differenza di HHV-6, non esiste una sindrome clinica ben definita che sia univocamente attribuibile a HHV-7 nell'infezione primaria: in alcuni casi può causare un esantema simile alla roseola infantum, ma molti bambini contraggono HHV-7 in modo asintomatico o con sintomi lievi indistinguibili da altre virosi.
Il motivo per cui HHV-7 interessa il dermatologo è soprattutto la sua possibile associazione con la pitiriasi rosea di Gibert. La pitiriasi rosea è un'eruzione cutanea benigna abbastanza comune nei giovani adulti: inizia spesso con una singola chiazza ovale (detta "chiazza madre" o herald patch), seguita dopo 1-2 settimane da molte macule e placche ovali più piccole distribuite sul tronco seguendo le linee di tensione cutanea (con un aspetto a "albero di Natale" sul dorso). Le lesioni hanno un bordo leggermente desquamativo. La pitiriasi rosea può dare prurito moderato e preoccupare il paziente per l'aspetto delle chiazze, ma tende a risolversi spontaneamente nel giro di 6-8 settimane. L'eziologia esatta è ignota, ma numerosi studi hanno suggerito che una riattivazione di HHV-7 (o HHV-6) possa essere il fattore scatenante in molti casi, visto che in molti pazienti con pitiriasi rosea si riscontrano aumentati titoli anticorpali o DNA virale di questi herpesvirus. Questo spiegherebbe anche perché la pitiriasi rosea spesso non recorre una seconda volta nella stessa persona (sviluppo di immunità specifica).
A parte la possibile relazione con la pitiriasi rosea, HHV-7 non è noto per causare gravi patologie nell'ospite sano. Nei pazienti immunocompromessi, HHV-7 può riattivarsi insieme ad altri virus (come HHV-6 e CMV) e contribuire a quadri di infezione opportunistica, ma è difficile distinguerne il ruolo specifico. Non esiste una terapia mirata né un vaccino per HHV-7; fortunatamente, le condizioni ad esso correlate sono autolimitanti o gestibili con terapie sintomatiche.
HHV-8, chiamato anche KSHV (Kaposi's Sarcoma-associated Herpesvirus), è un gammaherpesvirus scoperto nei primi anni '90 in lesioni di sarcoma di Kaposi. La sua importanza risiede principalmente nel ruolo causale che ha in alcuni tumori, più che in malattie acute. HHV-8 si trasmette attraverso contatti stretti prolungati; la via sessuale è documentata (in particolare tra uomini che hanno rapporti con uomini), così come la trasmissione per via ematica (trasfusioni, trapianti) e probabilmente tramite saliva. La prevalenza di HHV-8 nella popolazione generale è bassa in molti paesi, ma più elevata in alcune regioni (per esempio in Africa sub-sahariana) e in gruppi a rischio.
HHV-8 è l'agente eziologico del sarcoma di Kaposi, un tumore vascolare che si presenta tipicamente con lesioni cutanee multiple violacee. Si distinguono quattro forme epidemiologiche principali di sarcoma di Kaposi:
Indipendentemente dalla forma, le lesioni cutanee del sarcoma di Kaposi hanno un aspetto caratteristico: macule, papule o noduli di colore rosso-violaceo (talora brunastro) che possono confluire. Inizialmente sono piatte e asintomatiche; col tempo possono estendersi, rilevarsi e talora ulcerarsi. Nella forma classica spesso restano confinate alle gambe e ai piedi, mentre nell'AIDS possono comparire ovunque, incluso il viso (orecchie, naso), il tronco e il cavo orale (palato). Il coinvolgimento di organi interni (tratto gastrointestinale, polmoni) è comune nelle forme aggressive e può causare emorragie o ostruzioni. L'estesa presenza di lesioni kaposiche cutanee può provocare edema marcato se sono interessate zone come gli arti inferiori o i genitali, a causa dell'ostruzione linfatica.
La diagnosi di sarcoma di Kaposi viene confermata mediante biopsia cutanea (istologicamente si osserva una proliferazione di cellule fusate e neo-vasi irregolari, con positività per HHV-8 all'immunoistochimica). Il trattamento dipende dalla gravità e dal contesto clinico: nelle forme legate all'immunosoppressione è cruciale migliorare lo stato immunitario (ad esempio avviando o ottimizzando la terapia antiretrovirale nei pazienti HIV positivi, o riducendo la terapia immunosoppressiva nei trapiantati se possibile). Le lesioni singole o localizzate possono essere trattate con metodiche locali (crioterapia, elettrocoagulazione, laser, radioterapia), mentre le forme diffuse o viscerali richiedono chemioterapia sistemica (ad esempio con antracicline liposomiali) o terapie mirate. L'introduzione della terapia antiretrovirale altamente attiva (HAART) ha drasticamente ridotto l'incidenza e la gravità del sarcoma di Kaposi nei pazienti con HIV, trasformandolo da malattia frequente e spesso fatale a condizione più gestibile.
Oltre al Kaposi, HHV-8 è implicato in altre due neoplasie rare: il linfoma delle cavità sierose (Primary Effusion Lymphoma), un linfoma B che si presenta come versamenti neoplastici nelle cavità pleuriche, pericardiche o peritoneali, e la malattia di Castleman multicentrica HHV-8 positiva, caratterizzata da linfoadenopatia, febbre, epatosplenomegalia e disfunzioni multiorgano. Queste condizioni si osservano quasi esclusivamente in soggetti immunodepressi (per esempio nei pazienti con AIDS) e riflettono la capacità di HHV-8 di stimolare la proliferazione incontrollata di linfociti.
Da notare che l'infezione primaria da HHV-8 in soggetti immunocompetenti raramente dà sintomi apprezzabili; il virus può rimanere latente nelle cellule B e nelle cellule endoteliali per anni senza causare manifestazioni cliniche evidenti. Non esiste al momento un vaccino per HHV-8, né una terapia antivirale in grado di eradicarne la latenza. La prevenzione si basa sull'evitare comportamenti a rischio (per ridurre la trasmissione sessuale e via sangue) e sullo screening dei donatori di organi. La gestione clinica è focalizzata sul riconoscimento precoce delle lesioni sospette e sul trattamento tempestivo delle patologie correlate quando compaiono.
Le infezioni da Herpesviridae possono manifestarsi con quadri cutanei che vanno differenziati da altre patologie dermatologiche e infettive. Di seguito alcuni spunti di diagnosi differenziale in ambito dermatologico relativi ai principali herpesvirus:
La gestione delle infezioni da Herpesviridae si basa su terapie antivirali specifiche (laddove disponibili) e su misure preventive mirate (igiene, comportamenti a rischio ridotti, immunoprofilassi e vaccinazioni). Di seguito un riepilogo dei principali approcci terapeutici e preventivi per ciascun virus della famiglia:
I soggetti con immunodeficienza (ad esempio pazienti con infezione da HIV avanzata, in chemioterapia, trapiantati d'organo o di midollo, in terapia con cortisonici a lungo termine) presentano un rischio molto maggiore di complicanze da herpesvirus. In generale, le infezioni latenti tendono a riattivarsi più frequentemente e in forma più grave in questi pazienti. Dal punto di vista dermatologico, ciò significa che lesioni normalmente localizzate e autolimitate possono diventare atipiche, estese o croniche:
In generale, i pazienti immunodepressi con infezioni erpetiche vanno gestiti in modo più aggressivo: spesso con terapia antivirale sistemica anche per manifestazioni cutanee minori, e con profilassi prolungata se necessario. La vaccinazione (quando possibile) e l'uso di immunoglobuline specifiche post-esposizione sono strumenti importanti per prevenire le infezioni in questi pazienti fragili.
I bambini rappresentano un gruppo di età in cui molte infezioni da herpesvirus si manifestano per la prima volta, spesso con quadri clinici caratteristici:
La gestione delle infezioni erpetiche in gravidanza richiede considerazioni particolari per proteggere sia la madre che il feto/neonato:
In sintesi, durante la gravidanza è cruciale prevenire le infezioni da herpesvirus potenzialmente dannose (in particolare varicella e CMV) mediante vaccinazione pre-concepimento e misure igieniche, e gestire attivamente qualsiasi infezione che insorga nella madre per proteggere la salute neonatale. Molti antivirali anti-herpes (come aciclovir) possono essere utilizzati in gravidanza se i benefici superano i rischi, ma è sempre necessaria un'attenta valutazione specialistica.