Dr Sansoni Federico

Medico Chirurgo Specialista in Dermatologia e Venereologia - OMCeO TS 4785

Chiazza di alopecia areata (Pubblico dominio)

Alopecie

Introduzione e Classificazione Generale delle Alopecie L’alopecia indica una perdita di capelli o peli, parziale o completa, dovuta a cause diverse. Un approccio sistematico alle alopecie inizia distinguendo tra forme non cicatriziali e cicatriziali . Nelle alopecie non cicatriziali il follicolo pilifero resta integro e potenzialmente capace di rigenerare il capello; tipicamente sono presenti osti follicolari normali o dilatati nelle aree glabre e non vi è fibrosi irreversibile . Al contrario, le alopecie cicatriziali sono caratterizzate da danno permanente del follicolo con scomparsa degli osti follicolari e loro sostituzione con tessuto fibroso . In queste forme spesso si osservano segni di infiammazione clinica (eritema, squame, pustole) nell’area interessata, anche se talora l’infiammazione può essere silente; la conferma diagnostica avviene con l’esame istologico che evidenzia la distruzione fibrosa dei follicoli .
Alopecie non cicatriziali: sono condizioni molto comuni e comprendono forme come l’alopecia androgenetica, l’alopecia areata, il telogen effluvium, l’anagen effluvium (es. da chemioterapici), l’alopecia psicogena da trazione o da tricotillomania, l’alopecia indotta da farmaci, ecc. In queste il capello può ricrescere poiché il bulge staminale follicolare non viene distrutto.
Alopecie cicatriziali primarie: sono un gruppo eterogeneo di patologie infiammatorie follicolocentriche, in cui il target primario è il follicolo pilifero, con distruzione irreversibile delle cellule staminali del bulge e conseguente perdita permanente dei capelli. Si classificano in base al tipo di infiltrato infiammatorio predominante in tre sottogruppi: linfocitarie, neutrofile e miste.
Tra le forme a infiltrato linfocitario si annoverano soprattutto il lupus cutaneo cronico (lupus discoide) e il lichen planopilaris (LPP) con le sue varianti (alopecia frontale fibrosante, sindrome di Graham-Little), oltre alla pseudopelade di Brocq (considerata spesso lo stadio finale di altre alopecie infiammatorie), la alopecia centrifuga centrale (CCCA), l’alopecia mucinosa e rare forme genodermiche come la cheratosi follicolare spinulosa decalvante.
Le forme a infiltrato neutrofilo includono principalmente la follicolite decalvante e la perifolliculite capitis abscedens et suffodiens (cellulite dissecante di Hoffman).
Nel gruppo misto rientrano condizioni come l’acne keloidale (follicolite cheloidale nucale), la follicolite/acne necrotica varioliforme e l’erosive pustular dermatosis del cuoio capelluto. Queste patologie, pur diverse, condividono il meccanismo di distruzione follicolare da parte dell’infiammazione; nel complesso sono relativamente rare (circa 3% di tutte le alopecie in ambito dermatologico) ma richiedono diagnosi e terapia tempestive per prevenire l’estensione della calvizie cicatriziale.
Alopecie cicatriziali secondarie: in queste il follicolo viene distrutto secondariamente a fattori esterni o a malattie cutanee non primariamente follicolari. Esempi includono esiti di ustioni termiche o chimiche del cuoio capelluto, alopecia permanente da radioterapia, esiti di infezioni severe (es. favus o kerion da tinea capitis non trattata, infezioni batteriche o ascessi del cuoio capelluto), esiti di neoplasie cutanee o metastasi (che distruggono i follicoli) e alopecia in corso di dermatosi infiammatorie croniche (ad esempio nelle placche di sclerodermia, lupus eritematoso sistemico, sarcoidosi, lichen planus non follicolare, etc.) . In questi casi l’alopecia cicatriziale è esito di un processo noto e non rappresenta una malattia follicolare primaria.
Di seguito viene presentata una classificazione riassuntiva delle principali forme di alopecia:


Nota diagnostica: il segno clinico fondamentale che orienta verso un’alopecia cicatriziale è la scomparsa degli osti follicolari nelle chiazze glabre, spesso associata a cute liscia, lucente e atrofica nelle aree centrali di alopecia, con eventuale corona periferica di follicoli infiammati (eritema e ipercheratosi perifollicolare) in corso di attività . Nelle alopecie non cicatriziali invece gli osti sono presenti (talora sotto forma di “dotti gialli” contenti sebo/cheratina visibili con dermoscopia) e la cute mantiene la normale trama cutanea. La dermoscopia/tricoscopia è diventata un complemento fondamentale nella valutazione: molte alopecie presentano reperti tricoscopici caratteristici utili nella diagnosi differenziale precoce. Per le forme cicatriziali, la conferma diagnostica richiede spesso una biopsia dello scalpo con esame istopatologico, idealmente prelevando una lesione attiva ai margini dell’area alopecica (dove sono presenti follicoli infiammati) e includendo il grasso sottocutaneo per valutare l’infiltrato fino alla parte inferiore del follicolo . L’esame istologico consente di identificare il tipo di infiltrato (linfocitario, neutrofilo, granulomatoso) e altre caratteristiche (es. necrosi del follicolo, mucina follicolare, deposizione di melanina, fibrosi concentrica, ecc.) utili a inquadrare la forma specifica.
Nei paragrafi successivi verranno descritte in dettaglio le principali alopecie di ciascun gruppo, con il loro quadro clinico, diagnosi differenziale, aspetti dermoscopici, principi di trattamento e reperti istopatologici essenziali. Si forniranno inoltre tabelle riassuntive per confrontare i differenti tipi di alopecia nei loro aspetti clinici, dermoscopici e istologici.
Alopecie Non Cicatriziali
Le alopecie non cicatriziali (o non cicatriziali) comprendono condizioni molto frequenti, spesso reversibili (in toto o in parte) eliminando la causa o con terapie adeguate, poiché il follicolo non subisce una distruzione permanente. Di seguito si analizzano le forme principali.
Alopecia Androgenetica (Calvizie Comune)
Figura 1: Immagine dermoscopica di alopecia androgenetica maschile, evidenziando la marcata diversità del calibro dei fusti (anisotrichosi) con presenza di capelli miniaturizzati e capelli terminali normali fianco a fianco.
Quadro clinico: L’alopecia androgenetica (AGA) è la forma più comune di alopecia non cicatriziale, colpisce sia uomini sia donne con modalità e gravità variabili . È caratterizzata da una progressiva miniaturizzazione dei capelli terminali in determinate aree del cuoio capelluto geneticamente predisposte agli androgeni. Negli uomini si manifesta con il tipico pattern maschile (male pattern hair loss): recessione bitemporale dell’attaccatura frontale e diradamento del vertice, potendo progredire fino alla calvizie completa area temporo-vertex con risparmio delle regioni occipitale e laterali . Nelle donne si osserva il pattern femminile (female pattern hair loss, FPHL): un diffuso diradamento della zona centrale-mediale del cuoio capelluto con conservazione dell’attaccatura frontale (segno della “Christmas tree pattern”) . La progressione è graduale nell’arco di anni. I capelli nelle aree colpite diventano via via più sottili, corti e depigmentati (conversione in peli vellus) . Il quadro è generalmente asintomatico; può esservi modesto aumento della caduta quotidiana dei capelli ma senza episodi acuti di effluvio. L’esordio avviene tipicamente nel post-pubertà: negli uomini spesso entro i 30 anni, nelle donne in età fertile o in peri-menopausa. L’AGA ha base genetica poligenica e risente dell’effetto degli ormoni androgeni sui follicoli sensibili (dihydrotestosterone, DHT).
Diagnosi differenziale: Si distinguono altre cause di diradamento diffuso: in una donna, ad esempio, il telogen effluvium cronico può simulare un’AGA iniziale, ma nel TE i capelli cadono diffusamente e in modo acuto, con fusti di calibro normale; nell’AGA femminile invece i capelli si miniaturizzano progressivamente e spesso c’è familiarità positiva . L’alopecia areata incognita (forma diffusa di areata) è altra considerazione: provoca un telogen effluvium acuto ma senza miniaturizzazione (si distingue con dermoscopia/biopsia). Le carenze nutrizionali o endocrinopatie (tiroide, anemia) causano effluvi non localizzati e vanno escluse con esami di laboratorio. Nell’uomo, difficilmente altre condizioni mimano la calvizie comune, salvo un eccesso di telogen effluvium concomitante che acceleri la caduta. Importante è distinguere l’AGA (non cicatriziale) da una alopecia cicatriziale a pattern androgenetico (evenienza rara ma descritta, nota come fibrosing alopecia in pattern distribution), in cui al classico diradamento androgenetico si associano segni cicatriziali (perdita di osti, atrofia). In caso di dubbi diagnostici si ricorre alla tricoscopia o alla biopsia.
Dermoscopy (Tricoscopia): I reperti tricoscopici nell’alopecia androgenetica sono molto caratteristici e utili nella diagnosi. Il segno fondamentale è la variazione del calibro dei capelli (anisotrichosi): coesistono capelli terminali spesso normocalibro accanto a capelli miniaturizzati molto sottili; una varianza di diametro maggiore del 20% tra i fusti in un’area è considerata diagnostica per AGA . Si osserva inoltre riduzione delle unità follicolari con 2-3 capelli e aumento delle unità singole (soprattutto nelle donne) rispetto all’area occipitale di controllo . Nelle donne in fase iniziale il riscontro di + di 7 capelli corti sottili ricrescienti in un campo a 20x nella regione frontale è suggestivo di alopecia androgenetica iniziale femminile. Altri segni tricoscopici: peli vellus sottilissimi in aumento; punteggiature gialle (yellow dots) e punti bianchi possono comparire negli stadi avanzati e corrispondono rispettivamente a osti follicolari dilatati pieni di sebo/cheratina e a osti fibrotici vuoti. Nelle fasi iniziali è frequente osservare il segno del peripilar sign (pigmentazione marrone peripilare attorno agli osti, indice di infiammazione perifollicolare e rimodellamento del collagene), soprattutto negli stadi precoci maschili. Nei casi di lunga durata, le aree più diradate presentano cute liscia con mini-osti appena visibili (punti bianchi atrofici) e rare unità follicolari con 1 solo capello residuo. La dermoscopia è inoltre utile per distinguere l’AGA dal telogen effluvium: quest’ultimo infatti mostra capelli di calibro uniforme (assenza di miniaturizzazione) e un numero relativamente conservato di capelli per unità, spesso con più “dots” gialli (follicoli vuoti) ma senza aumento dei peli vellus sottili.
Terapia: Il trattamento dell’alopecia androgenetica è di tipo medico e, se necessario, chirurgico. Ad oggi, solo due farmaci sono approvati da FDA/EMA per la calvizie comune: il minoxidil e il finasteride . Il minoxidil topico (2% o 5%) prolunga la fase anagen del capello e aumenta l’apporto di sangue al follicolo . Si applica quotidianamente (2x/die) e richiede almeno 4-6 mesi per evidenziare risultati; la sospensione provoca la ricaduta nello stato pre-trattamento in poche settimane. Effetti collaterali locali possono essere irritazione o ipertricosi del volto (soprattutto con la lozione 5% nelle donne). Finasteride orale (1 mg/die) è un inibitore della 5α-reduttasi di tipo II, che riduce la conversione di testosterone in DHT nei follicoli. Nell’uomo arresta la progressione dell’alopecia in circa il 90% dei casi e induce ricrescita in una buona percentuale, con efficacia maggiore sul vertice ma anche sull’area frontale. Va assunta continuativamente (la sospensione fa perdere tutti i benefici raggiunti in 6 mesi). È controindicata nelle donne in età fertile (rischio di anomalie fetali maschili) e negli studi ha mostrato scarsa efficacia nell’alopecia femminile postmenopausale (infatti viene prescritta a dosi di 5mg/die per os). Nella donna si usano off-label anti-androgeni come spironolattone (50–100 mg/die) o ciproterone acetato (nelle donne iperandrogeniche) e minoxidil topico. In entrambi i sessi sta prendendo piede l’uso off-label di minoxidil orale a basso dosaggio (0,25–2.5 mg die sublinguale) in alternativa al topico: numerosi dermatologi lo prescrivono con risultati incoraggianti, sebbene possano verificarsi effetti collaterali sistemici (ipotensione, tachicardia, edema declive, ipertricosi diffusa) dose-dipendenti. Altri approcci: la terapia laser a basso livello (LLLT), laser 675 nm, alcune lozioni antiandrogeni (es. clascoterone topico, 17 alfa estradiolo), integratori nutraceutici; la chirurgia della calvizie (trapianto di unità follicolari) è indicata in casi selezionati dopo stabilizzazione medica, per ripopolare le aree glabre con capelli prelevati dalla nuca. La gestione deve essere a lungo termine e calibrata sul paziente (considerando costi, benefici e aspettative).
Istopatologia: Il quadro istologico nell’AGA mostra una caratteristica miniaturizzazione follicolare: nei prelievi di cuoio capelluto si osserva un rapporto aumentato di follicoli in fase telogen e vellus rispetto ai terminali, con capelli terminali spesso sostituiti da piccoli follicoli in miniatura accompagnati da fibre fibrose traggiate (“fibrous streamers”) nel derma superiore che indicano la regressione dei vecchi follicoli. Non è presente un’infiammazione significativa (al più lieve infiltrato perifollicolare); il bulbo e il sebaceo restano intatti finché il follicolo produce pur capelli vellussiformi. Col progredire degli anni, i follicoli atrofici possono scomparire lasciando solo tratti fibrosi: in stadi molto avanzati di AGA, pertanto, il cuoio capelluto può apparire clinicamente liscio e privo di osti, simulando un’alopecia cicatriziale, pur avendo avuto un processo non infiammatorio. Va ricordato infatti che alcune alopecie “non cicatriziali” di lunghissima durata (AGA, areata cronica) possono diventare bifasiche, con esito cicatriziale: ad esempio in AGA estesa da decenni si ha la perdita secondaria di osti follicolari per progressiva atrofia follicolare. Istologicamente, i principali criteri per AGA sono: miniaturizzazione maggiore del 20% dei follicoli, rapporto terminali/vellus inferiore a 2, aumento follicoli in catagen-telogen, rarefazione delle guaine epiteliali e fibrosi perifollicolare lieve.
Alopecia Areata
Quadro clinico: L’alopecia areata (AA) è una malattia autoimmune organo-specifica che colpisce il follicolo in anagen, determinando la caduta improvvisa di capelli o peli in aree ben circoscritte, senza distruzione del follicolo (alopecia non cicatriziale) . Clinicamente si presenta più spesso con chiazze ovalari o rotonde di alopecia a superficie liscia, color carne, di diametro variabile da pochi cm a vaste aree, a margini netti. Le zone più colpite sono il cuoio capelluto (china occipitale, regioni temporali) ma può interessare sopracciglia, barba (alopecia areata della barba) e qualsiasi distretto pilifero. Le varianti estreme sono l’alopecia totalis (perdita di tutti i capelli del capo) e la alopecia universalis (perdita di tutti i peli corporei), forme gravi ma relativamente rare. Un’altra forma particolare è l’alopecia areata ofiasi, in cui la perdita segue un andamento a banda lungo le regioni occipitali e temporali, spesso più refrattaria. La cute nelle aree alopeciche appare sana, normale o lievemente iperpallida, priva di capelli; non di rado si vedono punti giallognoli nei follicoli vuoti e piccoli capelli “puntiformi” che si stanno spezzando. Tipicamente ai margini delle chiazze attive sono presenti capelli corti spezzati o assottigliati a forma di punto esclamativo (“!”) con estremità distale più larga e base prossimale assottigliata. L’AA non causa atrofia o cicatrici; il follicolo rimane quiescente ma integro, il che permette la ricrescita (spontanea o indotta) anche dopo mesi o anni. In circa il 30-50% dei pazienti si osservano alterazioni ungueali, specialmente pitting ungueale (piccole depressioni puntiformi) o striature longitudinali e assottigliamento ungueale. L’AA può insorgere a qualunque età, spesso nell’infanzia o giovinezza, e colpisce circa il 2% della popolazione nel corso della vita. L’eziopatogenesi coinvolge una reazione autoimmune mediata da linfociti T diretta contro gli antigeni del bulbo pilifero in anagen (perdita del cosiddetto “immune privilege” del follicolo). Spesso coesistono altre condizioni autoimmuni (tiroiditi, vitiligine, atopia). L’andamento è imprevedibile: frequentemente si hanno ricrescite spontanee entro pochi mesi, talora con capelli inizialmente depigmentati; tuttavia sono comuni recidive in altre sedi, con un decorso a fasi. Le forme estese e di lunga durata hanno prognosi più incerta.
Diagnosi differenziale: La presentazione in chiazze ben delimitate e non cicatriziali è abbastanza tipica. Nell’adulto, raramente altre alopecie in chiazze sono così nettamente definite; si può considerare la tinea capitis (soprattutto nei bambini): in tal caso però di solito c’è desquamazione, capelli spezzati a tampone (black dots), prurito e adenopatia locale, mentre nell’AA la cute è liscia e le radici cadono intere con bulbo telogen. La tricotillomania (alopecia da strappo) può simulare aree alopeciche irregolari con capelli spezzati, ma l’AA si distingue perché i peli cadono spontaneamente e non vi sono mai capelli volutamente strappati a diverse lunghezze (la tricotillomania invece mostra peli spezzati con lunghezze variabili e distribuzione irregolare). Nelle fasi iniziali, l’AA può essere scambiata per altre cause di effluvio: ad esempio un’alopecia androgenetica incipiente che dia un diradamento localizzato (evenienza rara) o un telogen effluvium areato. La forma diffusa (alopecia areata incognita), in cui non vi sono chiazze evidenti ma un diffuso telogen effluvium, può essere confusa con TE o AGA: qui la tricoscopia e la biopsia sono risolutive (nell’AA diffusa si vedono i caratteristici “dots” gialli e miniaturizzazione focale, con infiltrato linfocitario perifollicolare all’istologia) . Da distinguere nettamente sono le alopecie cicatriziali patchy come il lupus discoide o il lichen planopilaris: queste presentano atrofia cicatriziale e segni di infiammazione (ipercheratosi follicolare, cicatrici biancastre) assenti nell’AA, oltre a essere solitamente più croniche e meno reversibili.
Dermoscopy (Tricoscopia): La dermoscopia dello scalpo in alopecia areata è molto utile e rivela una serie di segni patognomonici correlati all’attività e alla severità della malattia. I cinque reperti tricoscopici più caratteristici dell’AA sono: punti gialli, punti neri, capelli spezzati, peli vellus corti e capelli a punto esclamativo. I “yellow dots” (punti gialli) sono strutture giallastre rotondeggianti che rappresentano osti follicolari dilatati ripieni di sebo e cheratina ma privi di fusto: sono molto numerosi nell’AA attiva su tutta l’area affetta. I “black dots” (punti neri) sono puntini neri omogenei a livello follicolare, corrispondenti a capelli rotti o “cadaverizzati” all’ostio. I capelli a “punto esclamativo” sono fusti distali più spessi che si assottigliano verso la base prossimale, spesso pigmentati al distale e depigmentati in prossimità del cuoio capelluto; indicano attività patologica (il sistema immunitario attacca il follicolo in anagen causando restringimento del fusto). Sono un segno praticamente patognomonico di AA e si osservano soprattutto al margine delle chiazze in progressione. I peli corti in ricrescita (vellus) sono segno di remissione: appaiono come capelli sottilissimi, corti e non pigmentati che spuntano nelle chiazze, indicando ripresa follicolare . Altri segni descritti: capelli spezzati di varia lunghezza sparsi nell’area (indicativi di fragilità del fusto sotto attacco immunitario), peli a forma di punto interrogativo o uncino (“hook hairs”), peli a forma di tulipano (con punta scura a bulbo simile al tulipano), peli cerchiati o ricciolini (pigtail hairs) indicanti ricrescita, e il segno del “caduto in battaglia” (capelli distroficizzati frammentati in prossimità dell’ostio) . Il coudability sign (“segno di piegabilità”) si ricerca piegando i capelli periferici: nell’AA attiva i capelli terminali si piegano a gomito vicino alla base in direzione del cuoio, segno che iniziano a indebolirsi prossimalmente . Nei casi di lunga durata si possono osservare anche punti bianchi (aree di follicoli vuoti atrofici) e un pattern a reticolo iperpigmentato a nido d’ape sulla cute (esito di iperpigmentazione post-infiammatoria nelle forme estese croniche). La dermoscopia in fluorescenza UV è stata proposta per evidenziare meglio i peli corti e le differenze di struttura (evidenziando i residui di fusto). In sintesi, la combinazione di punti gialli molto numerosi, punti neri, capelli a punto esclamativo e peli vellus corti è diagnostica per alopecia areata in fase attiva. Questi segni permettono di distinguere l’AA da alopecie cicatriziali (dove mancano follicoli aperti e punti gialli) e dal telogen effluvium (in cui i punti neri e i capelli a punto esclamativo sono assenti).
Figura 2: Tricoscopia di alopecia areata – si notano punti gialli (ostio dilatato pieno di cheratina-sebo, senza fusto) e punti neri (capelli rotti al livello dello scalpo). Questi segni dermoscopici sono caratteristici dell’AA attiva.
Terapia: Il trattamento dell’alopecia areata dipende dall’estensione e dalla durata. Nelle forme localizzate, con coinvolgimento di oltre il 50% del cuoio capelluto, la terapia di prima linea sono i corticosteroidi intralesionali: iniezioni di triamcinolone acetonide (5-10 mgmL) intradermiche nelle chiazze, ripetute ogni 4-6 settimane, inducono ricrescita in molteplici pazienti e sono considerate il trattamento più efficace per chiazze limitate. In alternativa o aggiunta si usano corticosteroidi topici ad alta potenza (es. clobetasolo lozione-schiuma) applicati quotidianamente per periodi di 6-12 settimane, sebbene la penetrazione nel derma sia minore e il risultato spesso modesto (l’infiltrazione locale supera per efficacia il topico). Un’opzione di seconda linea per aree limitate è l’immunoterapia topica con sensibilizzanti da contatto (es. DPCP – difenciprone, o SADBE): applicando tali sostanze si induce una lieve dermatite allergica di basso grado che devierebbe l’attacco autoimmune dal follicolo. Questa tecnica è indicata soprattutto nelle forme più estese o refrattarie, e può portare a ricrescita in alcuni mesi in una percentuale di casi. Nelle forme estese (oltre 50% di cuoio capelluto, come nella AA totalis-universalis) si considerano terapie sistemiche: tradizionalmente corticosteroidi sistemici (es. prednisone 0,5-1 mg/kg per qualche settimana) per arrestare un’effluvium acuto o indurre ricrescita, spesso seguiti da terapie di mantenimento meno tossiche (ma attenzione ai potenziali effetti collaterali sistemici dei corticosteroidi prolungati). Altri immunosoppressori come metotrexato, ciclosporina o azatioprina sono stati utilizzati off-label in casi severi, con risultati variabili. Negli ultimi anni si è affermata una nuova classe di farmaci mirati: i JAK-inhibitors (inibitori delle Janus chinasi). In particolare baricitinib (inibitore JAK1/JAK2) è stato approvato da FDA ed EMA nel 2022 come primo trattamento sistemico indicato per l’alopecia areata grave negli adulti. Studi clinici hanno dimostrato che un numero significativo di pazienti con AA estesa ottiene ricrescita cosmeticamente significativa dei capelli dopo 6-12 mesi di baricitinib rispetto al placebo .
Anche tofacitinib e ruxolitinib (inibitori JAK1/3 e JAK1/2 rispettivamente) sono usati off-label con successi documentati in letteratura, e altri (es. ritlecitinib e deuruxolitinib) sono in sperimentazione avanzata. Questi farmaci rappresentano una svolta terapeutica, ma richiedono monitoraggi (rischi infettivi, alterazioni esami) e sono costosi. In aggiunta, misure come antralina (ditranolo) topica a breve contatto, minoxidil topico (per favorire la crescita dei nuovi capelli) possono essere di aiuto in combinazione. Il supporto psicologico è importante, data l’imprevedibilità e l’impatto emotivo dell’AA. In alcuni pazienti con alopecie universali si ricorre a sopracciglia o ciglia finte, tatuaggio medicale (tricopigmentazione), parrucche o protesi di capelli per migliorare la qualità di vita. Fortunatamente, nella maggioranza dei casi limitati l’alopecia areata ha prognosi benigna con ricrescita spontanea entro un anno , anche se le recidive sono frequenti e imprevedibili.
Istopatologia: Biopsie eseguite su chiazze attive di alopecia areata (preferibilmente al margine) mostrano reperti caratteristici. Nella fase acuta si osserva un infiltrato linfocitario “a sciame di api” attorno ai follicoli in anagen soprattutto nel terzo inferiore (bulbo e matrice) . I linfociti T CD8+ attaccano i follicoli, che vanno incontro a catagen prematuro. Spesso si notano capelli in nanogen o dystrophic anagen: follicoli che provano a crescere ma sono miniaturizzati e deformi a causa dell’attacco immunitario. Possono essere presenti microgranulomi con melanofagi per la deposizione di pigmento (melanin incontinence) dovuta alla distruzione del fusto e della guaina pigmentata. Nelle fasi subacute molti follicoli appaiono in fase telogen o kenogen (follicolo vuoto) e c’è miniaturizzazione simile a quella dell’AGA, ma senza i segni di quest’ultima (niente fibrosi significativa né aumento sebo). Caratteristica dell’AA è la preservazione delle strutture follicolari: i follicoli restano presenti, seppur “inattivi”, e le ghiandole sebacee sono generalmente intatte. Ciò la distingue istologicamente dalle alopecie cicatriziali linfocitarie come il lichen planopilaris, dove invece si vede distruzione integrale dell’unità pilo-sebacea e fibrosi. Nelle forme croniche di AA di lunga durata, il quadro può ridursi a pochi follicoli miniaturizzati in fibrosi periferica con assenza di infiltrato attivo: qui la distinzione da una pseudopelade cicatriziale può essere difficile solo con l’istologia e va integrata con l’anamnesi (assenza di fase infiammatoria conclamata nel caso di AA cronica). In sintesi, i criteri istologici chiave per alopecia areata sono: infiltrato linfocitario peribulbare (acute), aumento peli in telogen, pigmento libero nella matrice, conservazione della struttura follicolare senza cicatrice circolare (fibre di collagene non avvolgono concentrica il follicolo come nelle cicatriziali). Una biopsia ben orientata consente di confermare la diagnosi nella maggior parte dei casi dubbi.
Telogen Effluvium
Quadro clinico: Il telogen effluvium (TE) è una condizione reattiva caratterizzata da un’intensa e diffusa caduta di capelli dovuta a una sincronizzazione anomala dei follicoli in fase telogen. In condizioni normali, circa il 10% dei capelli è in telogen (fase di riposo) mentre il resto è in crescita (anagen). Nel TE, fattori stressanti causano un aumento proporzionale dei follicoli in telogen (+ del 20%) con conseguente caduta diffusa di capelli 2–3 mesi dopo l’evento scatenante . Clinicamente, il paziente riferisce una caduta copiosa di capelli (effluvio), notando molti capelli sul cuscino, durante il lavaggio o sul pettine. I capelli caduti sono telogen (con bulbetto bianco all’estremità). Il cuoio capelluto appare diffusamente meno denso, ma senza chiazze glabre: la riduzione di densità è omogenea, più percepibile nelle regioni parietali e occipitali (dove i capelli sono più lunghi). Non vi sono aree di alopecia completa né recessione frontale, sebbene il paziente possa notare un diradamento generale. Spesso l’effluvio è acuto ma autolimitato (Telogen Effluvium acuto): dura qualche mese e poi la caduta rientra spontaneamente con ricrescita completa entro 6-12 mesi. Le cause comuni di TE acuto sono: febbre alta, interventi chirurgici maggiori, malattie gravi, stress psicofisici intensi, postpartum (effluvio post-partum 2-4 mesi dopo il parto), diete drastiche dimagranti, emorragie acute o carenze di ferro, alcune terapie farmacologiche (retinoidi, β-bloccanti, anticoagulanti, ecc.). Esiste anche un Telogen Effluvium cronico (TE cronico idiopatico) dove l’effluvio persiste + di 6 mesi, spesso in donne di mezza età, in assenza di cause identificabili: il quadro oscilla con periodi di caduta abbondante e periodi di quiescenza, senza mai portare a calvizie severa. In genere il TE cronico si diagnostica escludendo altre cause e notando che non evolve in alopecia androgenetica (i capelli ricrescono e rimangono normali di calibro). Il TE è considerato la causa più comune di alopecia diffusa acuta sia negli adulti che nei bambini .
Diagnosi differenziale: Il TE acuto tipico (es. post-febbrile, post-partum) è abbastanza riconoscibile per la relazione temporale con l’evento scatenante e la natura transitoria. Nei TE subacuti o cronici, è fondamentale escludere altre cause di caduta diffusa: alopecia androgenetica (soprattutto nelle donne, può essere confusa con un TE cronico perché la paziente nota più capelli sul cuscino; importante l’esame clinico/tricoscopico per miniaturizzazione in AGA vs fusti normali nel TE), alopecia areata diffusa (che può presentarsi con effluvio massivo – alopecia areata incognita – ma qui la tricoscopia mostra i segni tipici AA), defluvium per carenze nutrizionali (ferro, zinco, proteine) o per patologie sistemiche (ipo/ipertiroidismo, connettiviti: vanno fatte le analisi). Il pull test (test di tiraggio dei capelli) risulta positivo nel TE acuto diffuso: tirando delicatamente un ciuffo di capelli, se ne estraggono + di 4-5 in telogen, uniformemente da varie aree del capo. Nell’AGA il pull test di solito è negativo (caduta quotidiana normale). Quindi il TE si distingue per la caduta effettiva aumentata più che per il diradamento localizzato. Anche alcune alopecie cicatriziali diffuse (es. alopecia fibrosante frontale in fase di attività diffusa su tutto il cuoio capelluto) potrebbero teoricamente confondersi nelle fasi iniziali, ma segni come l’assenza di osti e le cicatrici permettono la distinzione.
Dermoscopy (Tricoscopia): Il contributo della tricoscopia nel telogen effluvium è limitato poiché non vi sono segni specifici marcati. In genere, l’aspetto dermoscopico è quello di un cuoio capelluto normale ma con numerosi osti follicolari vuoti diffusi (apprezzabili come puntini gialli, che indicano follicoli in telogen senza fusto). Si possono vedere capelli ricrescenti sottili e corti in posizione eretta (segno di ricrescita post-effluvium) in maniera generalizzata. Importante è l’assenza di anisotrichosi significativa: tutti i capelli osservati in dermoscopia appaiono di calibro simile (a meno che coesista AGA). La vascularizzazione e la pigmentazione cutanea sono normali, senza aree cicatriziali o iperpigmentazione. In pratica, la dermoscopia mostra un pattern non specifico: molti follicoli vuoti (dots gialli), capelli in ricrescita uniformemente distribuiti, assenza di alterazioni perifollicolari infiammatorie. Ciò aiuta a escludere diagnosi alternative (es. AGA mostra miniaturizzazione e peripilar sign, AA mostra black/yellow dots caratteristici, ecc.). Tuttavia, la distinzione tra TE cronico e un’AGA iniziale può essere sfumata: in generale, se la tricoscopia evidenzia + del 20% di variazione calibro o capelli vellus aumentati, si propende per AGA; se tutti i capelli sono grossolanamente uguali e semplicemente ridotti di numero, è più probabile TE. Un altro segno sfavorevole all’AGA è la persistenza di una densità uniforme in zona frontale vs occipitale: nell’AGA c’è differenza (meno densità davanti), nel TE la densità è uniformemente ridotta ovunque.
Il tricogramma (lo strappare una o più ciocche di capelli e osservarla al dermatoscopio o al microscopio) è un esame utile per diagnosticare il telogen effluvium: si evidenzia un'elevata percentuale di capelli in fase telogen (bulbi bianchi) rispetto alla norma, spesso superiore al 20%.
In conclusione, mentre la dermoscopia del TE non offre un segno patognomonico, essa conferma l’integrità follicolare (osti presenti) e l’assenza di segni cicatriziali, e mostra solo i segni di un effluvio diffuso (follicoli vuoti e capelli corti ricrescenti).
Terapia: Nel telogen effluvium acuto, la gestione principale è rassicurare il paziente ed eventualmente correggere la causa scatenante. Poiché il TE acuto è spesso autolimitato in 3-6 mesi , un approccio osservazionale è adeguato: spiegare che la caduta eccessiva è temporanea e che i capelli ricresceranno. Si può intervenire sul fattore causale quando identificato: ad esempio integrare il ferro se c’è sideropenia (mantenendo ferritina 40-70 ng/mL) , riequilibrare la tiroide, ridurre stress psicofisici se possibile. Non esistono terapie specifiche “curative” del TE in quanto è una reazione fisiologica: alcuni dermatologi prescrivono minoxidil topico (2-5%) off-label anche nel TE, per tentare di prolungare l’anagen e stimolare più rapida ricrescita . Minoxidil può essere utile soprattutto nel TE cronico idiopatico per aumentare la densità se il paziente è molto sintomatico della perdita, ma va considerato che sospendendolo l’effluvio può ripresentarsi. In caso di TE cronico, oltre a trattare eventuali comorbidità (tiroide, anemia, malnutrizione) e valutare la coesistenza di AGA, si può impostare una terapia protratta con minoxidil topico o sistemico a basso dosaggio, monitorando la situazione. Altri trattamenti proposti comprendono integratori alimentari per capelli (biotina, aminoacidi solforati, vitamine) benché l’efficacia sia aneddotica. Cosmetici specifici (lozioni densificanti contenenti caffeina, nicotinato, ecc.) possono dare un miglioramento estetico temporaneo dello spessore dei fusti . Un’innovazione cosmetica citata è la molecola Stemoxydine che simula condizioni ipossiche e potrebbe prolungare l’anagen, con qualche evidenza di aumento della densità dopo 3 mesi al 5% . In ogni caso, l’educazione del paziente sul decorso naturale del TE è cruciale: spiegare che l’effluvio è reversibile e che non porta a calvizie, riduce l’ansia e spesso di per sé migliora il quadro (evitando il circolo vizioso stress-effluvio) . Nei TE cronici si possono alternare periodi di terapia con minoxidil a periodi di pausa, e monitorare con pull test e tricogrammi seriati. In sintesi: cura della causa, supporto dermocosmetico, follow-up e rassicurazione sono i cardini.
Istopatologia: Un quadro istologico di telogen effluvium non presenta lesioni specifiche, riflettendo piuttosto un’alterazione quantitativa del ciclo pilifero. Si riscontra un rapporto anagen/telogen alterato: normalmente ~85-90% dei follicoli sono in anagen, nel TE questa percentuale scende e i telogen aumentano oltre il 20% . Molti follicoli appaiono “vuoti” (fasi telogen tardive o kenogen). Non si evidenziano infiltrati infiammatori significativi né fibrosi periferifollicolare. Le guaine dei follicoli telogen possono mostrare aspetto tipo “club hair”. Il diametro dei follicoli rimane normale (a differenza dell’AGA dove c’è miniaturizzazione). In sintesi, l’istologia conferma l’assenza di patologia infiammatoria o distrofica dei follicoli, evidenziando solo un aumento dei follicoli a riposo e eventualmente un sincronismo anomalo (più follicoli nella stessa fase telogen-catagen). Questo è coerente con un effluvio non cicatriziale. Spesso comunque la biopsia non è necessaria per TE puro, a meno che non serva per escludere altre diagnosi (ad es. una sospetta AA incognita in cui invece si vedrebbe infiltrato linfocitario focale).
Anagen Effluvium
Quadro clinico: L’anagen effluvium è la caduta acuta di capelli dovuta a danno dei follicoli in fase anagen, tipicamente in seguito a esposizioni tossiche che colpiscono la matrice del pelo in crescita. La causa più comune è la chemioterapia citotossica per neoplasie: molti farmaci antineoplastici (alchilanti, antimetaboliti, alcaloidi) interferiscono con la rapida proliferazione delle cellule della matrice, portando all’interruzione dell’anagen e caduta del fusto. A differenza del telogen effluvium (in cui i capelli entrano in telogen e cadono dopo 2-3 mesi), qui i capelli cadono in anagen molto rapidamente, spesso entro 1-4 settimane dall’esposizione al tossico. Clinicamente, la presentazione più nota è quella del paziente oncologico che perde i capelli a ciocche consistenti pochi giorni dopo l’inizio della chemioterapia, fino ad arrivare a un’alopecia pressoché completa del cuoio capelluto. Spesso sono interessati anche altri peli corporei: ciglia, sopracciglia, barba (negli uomini), peli ascellari e pubici. La cute del cuoio capelluto può essere dolente (tricodinia) nel periodo della caduta rapida, poi appare normale, liscia, senza segni infiammatori (perché non c’è un’infiammazione primaria, ma un danno tossico). In genere si tratta di un’alopecia non cicatriziale: i follicoli restano in quiescenza ma intatti e possono rigenerare capelli dopo la cessazione dell’insulto tossico. Oltre ai farmaci chemioterapici, un anagen effluvium può essere causato da avvelenamenti (es. talio, arsenico) o da esposizione a radiazioni a dosi sub-letali per i follicoli (dosi intermedie). In rari casi anche alopecie areata particolarmente acute possono presentare un pattern di caduta anagen-simile, ma la patofisiologia è diversa.
Diagnosi differenziale: In un contesto noto (chemioterapia) la diagnosi è evidente. Se un paziente senza storia oncologica presenta alopecia diffusa rapidamente progressiva in giorni-settimane fino alla quasi completa calvizie, bisogna considerare cause tossiche (anamnesi di esposizioni) o un’alopecia areata maligna (una forma di alopecia areata fulminante che porta a universalis in poco tempo). Quest’ultima spesso presenta comunque i segni tipici (pitting ungueale, capelli a punto esclamativo residui, etc.) e può essere distinta con dermoscopia/biopsia (in AA maligna c’è infiltrato linfocitario). Un’altra condizione da menzionare è l’effluvio da radioterapia: se il cuoio capelluto è stato irradiato con frazioni elevate (es. per tumori cerebrali), i capelli cadono in anagen nella zona irradiata dopo 2-3 settimane. Dosi intermedie possono causare ricrescita tardiva di capelli distrofici o persino alopecia permanente (radiodermite cicatriziale) se il bulge staminale è leso.
Dermoscopy (Tricoscopia): Nelle fasi iniziali di anagen effluvium tossico, la dermoscopia può mostrare peli distrofici in frattura. Ad esempio, nella caduta da chemio i capelli possono spezzarsi facilmente: si possono osservare “pili torti” o capelli con restringimenti e fratture (con aspetto a “code di topo” o broom hairs) man mano che il fusto cessa di crescere e si assottiglia drammaticamente poco sopra il cuoio capelluto. Si notano anche punti neri se i capelli si spezzano al livello dell’ostio. In molti casi però i capelli cadono interamente con il bulbo, quindi dermoscopicamente si vedranno soprattutto ostii follicolari vuoti senza particolari segni infiammatori (simili a un telogen effluvium acuto, ma con la differenza che tutti i peli cadono in blocco e rapidamente). Non essendoci un processo infiammatorio, mancano scale, pustole o eritema. Nel caso di alopecia da chemio in ricrescita, la dermoscopia evidenzierà inizialmente capelli molto sottili e depigmentati (vellus-like) emergere dai follicoli, spesso curvi o tortuosi, che col tempo torneranno normali in calibro e colore. In sintesi, la tricoscopia nell’anagen effluvium tossico mostra: follicoli aperti vuoti in proporzione elevata, eventuali capelli spezzati con restringimenti (se il fusto ha subito danni), assenza di segni cicatriziali o di miniaturizzazione patologica.
Terapia: Nel caso di anagen effluvium da chemioterapia, non esiste una terapia farmacologica per prevenire la caduta, a parte misure fisiche come il raffreddamento del cuoio capelluto (cold-cap) durante l’infusione dei chemioterapici: questa tecnica vasocostringe il cuoio capelluto riducendo l’afflusso di farmaco ai follicoli, e può limitare l’alopecia in alcuni pazienti. La ricrescita dopo chemio di solito inizia 1-3 mesi dopo la fine dei cicli: nel frattempo si offre supporto cosmetico (parrucche, copricapo). Alcuni dermatologi prescrivono minoxidil topico 2% dopo la chemio per accelerare leggermente la ricrescita (studi hanno mostrato ricrescita anticipata di qualche settimana) . In generale, però, la ricrescita è spontanea e spesso i nuovi capelli inizialmente sono più sottili o diversi (a volte ricci o con differente pigmentazione) ma nel giro di 6-12 mesi tendono a normalizzarsi. In alopecie da radiazioni ad alte dosi, purtroppo, i follicoli possono essere distrutti: in quei casi la perdita è permanente (alopecia cicatriziale secondaria da radiazioni). Non esistono trattamenti medici efficaci per ripristinare i capelli in tali situazioni; si può considerare l’autotrapianto di capelli da aree non irradiate, se la cute lo consente e il paziente lo desidera. In caso di intossicazioni sistemiche, oltre alla terapia specifica disintossicante, la caduta di solito si arresta con la rimozione dell’agente tossico e i capelli ricrescono progressivamente. È importante fornire supporto psicologico al paziente che affronta un’alopecia rapida, specie nei pazienti oncologici, e rassicurare sulla reversibilità quando applicabile.
Istopatologia: L’esame istologico di un effluvium anagen (es. alopecia da chemio) evidenzia principalmente follicoli in anagen distruttiva. Si possono vedere bulbi catastroficamente in degenerazione, con matrice vacuolizzata e disorganizzata. I follicoli possono presentare costrizioni nette del fusto (noti come “Pohl-Pinkus constrictions”) nelle porzioni prossimali se catturati in sezione, indice dell’improvvisa soppressione della mitosi nel bulbo. Frequenti sono fusti distorti all’interno dei follicoli e a volte fusti che si fratturano nel canale follicolare. Non si osserva un infiltrato infiammatorio significativo, se non un possibile modesto segno di “foreign body reaction” se il fusto si frammenta (ma molto lieve). A differenza di alopecia areata, non ci sono linfociti peribulbari. In sostanza, l’istologia mostra follicoli in anagen tardivo/catagen precoce con epitelio necrotico e apoptotico. Spesso diversi follicoli entrano simultaneamente in catagen/telogen. Nelle fasi di ricrescita, le biopsie mostrerebbero numerosi follicoli in anagen anomalo con bulbi più piccoli e pochi pigmentati, in via di recupero. Poiché raramente si biopsia per confermare un anagen effluvium (la clinica è dirimente), questi reperti sono per lo più accademici.
Tricotillomania (Alopecia da Strappo)
Quadro clinico: La tricotillomania è un disturbo del controllo degli impulsi caratterizzato dall’irresistibile bisogno di tirare o strapparsi i capelli, con conseguente alopecia da auto-trauma. Colpisce più spesso bambini e adolescenti (+ i soggetti femminili), ma può persistere in adulti, spesso associata ad ansia, OCD o altri disturbi. Clinicamente, si presentano chiazze alopeciche di forma irregolare e distribuzione asimmetrica o bizzarra, in sedi raggiungibili dalla mano dominante del paziente (tipicamente regione fronto-parietale nell’infanzia, o in adulti donne anche ciglia/sopracciglia). Le aree presentano capelli di lunghezze variabili: alcuni molto corti (appena ricresciuti e subito spezzati), alcuni più lunghi ma spezzati, con monconi di capelli a diverse altezze emergenti. La densità è ridotta ma spesso non del tutto glabra: rimangono capelli a chiazze. La cute è normale, senza cicatrici; talora si notano escoriazioni o crosticine se il paziente compie anche manipolazioni della cute. Un segno clinico tipico è il “fringe sign”: ai margini dell’area alopecica, soprattutto nella tricotillomania frontale, spesso persiste un bordo di capelli corti indenne (perché il paziente inconsciamente risparmia i capelli dell’attaccatura esterna visibile) – questo segno aiuta a distinguerla dall’alopecia areata, dove invece i margini sono netti senza fringe. Il paziente talvolta nega o non è pienamente consapevole del gesto; nei bambini più piccoli spesso l’atto è inconscio (compulsivo nei momenti di noia o stress). Negli adulti può coesistere un rito (es. arrotolare i capelli e strapparli) e a volte tricofagia (ingestione dei capelli, con rischio di tricobezoari gastrici). La malattia ha andamento variabile: può risolversi se il fattore stressante passa o con intervento psicologico, oppure cronicizzare. Nei casi cronici di anni, è possibile un certo grado di alopecia cicatriziale secondaria per il trauma ripetuto.
Diagnosi differenziale: Tricotillomania vs alopecia areata: quest’ultima ha chiazze completamente lisce, senza capelli in diverse fasi di ricrescita; l’areata può avere “peli a punto esclamativo” ma non monconi tranciati con estremità acuminate o sfrangiate come nella tricotillomania. Inoltre, nell’areata spesso i peli ai margini si estraggono facilmente (pull test +) mentre nella tricotillomania i capelli adiacenti sono saldi. Anche la tinea capitis può entrare in diagnosi differenziale se dà chiazze con capelli spezzati (“black dot tinea”), ma di solito c’è desquamazione e infiammazione follicolare (elementi non presenti nella tricotillomania pura). L’alopecia da trazione continua (es. da acconciature) può creare un quadro simile con capelli rotti a margine e zone alopeciche frontali, ma la trazione in genere colpisce in modo regolare lungo l’attaccatura (es. stempiatura nelle treccine) mentre la tricotillomania è più random. Inoltre, anamnesi e la possibilità di vedere il paziente all’opera (o ciglia mancanti per strapparle etc.) aiutano nella diagnosi.
Dermoscopy (Tricoscopia): La tricoscopia è molto utile per evidenziare i segni del trauma cronico sui capelli, spesso difficili da valutare a occhio nudo. I reperti principali includono: capelli rotti a diverse lunghezze (un pattern caotico di fusti mozzati) ; peli a forma di “fiamma” o flame hairs – questi appaiono come residui di capelli molto frammentati e con estremità distalizzate, semitrasparenti e sfrangiate, che ricordano fiammelle rosso-giallastre ; “V-sign” – due capelli emergenti dallo stesso ostio, entrambi spezzati esattamente alla stessa altezza, formando una forma a “V” (segno che due fusti gemelli sono stati tagliati insieme) ; “hair powder” – letteralmente “polvere di capelli”, cioè minuscoli frammenti di fusto quasi polverizzati visibili come detriti puntiformi (esito di rotture multiple) . Altri segni: “hook hairs” (capelli ad uncino), dove il fusto è piegato a formare un uncino prima di spezzarsi ; punti neri eterogenei (frammenti pigmentati di capelli rotti al livello del cuoio, simili ai black dots dell’AA ma spesso di dimensioni irregolari) ; peli a tulipano (tulip hairs), cioè fusto con estremità distale più scura e allargata come un bulbo di tulipano – segno di capelli rotti in diagonale, comuni nella tricotillomania . Si possono inoltre osservare emorragie puntiformi e crosticine nei follicoli (segno del “pluck out”) specialmente nella barba, dove lo strappo causa piccoli sanguinamenti follicolari . Questi segni in combinazione sono altamente specifici: ad esempio la presenza di flame hairs, V-sign e capelli a diverse lunghezze praticamente conferma la diagnosi di tricotillomania . Con la dermoscopia ad alti ingrandimenti si possono perfino veder i fusti longitudinalmente fissurati o con trichoptilosi (doppie punte a livello del cuoio cappelluto) dovuti al continuo tirare . Uno studio ha evidenziato come flame hairs, V-sign, hook hairs, hair powder e tulip hairs siano nuovi segni tricoscopici diagnostici per tricotillomania, spesso assenti in alopecia areata . Pertanto, la tricoscopia è lo strumento di scelta per differenziare alopecia da trazione psicogena vs alopecia areata patchy .
Figura 3: Dermoscopia di Tricotillomania – si notano capelli tronchi a varie lunghezze (frecce bianche), un capello a uncino (hook hair, freccia nera) e caratteristiche figure a fiamma (frecce rosse) costituite dai residui cheratinici filiformi di capelli appena strappati .
Terapia: Il trattamento della tricotillomania è complesso poiché richiede di affrontare sia gli aspetti dermatologici sia quelli psicologici. Dal punto di vista cutaneo, non esistono farmaci che facciano ricrescere i capelli se il traumatismo continua: la ricrescita avviene spontaneamente una volta cessato lo strappo, purché i follicoli non siano stati irreversibilmente danneggiati. Quindi l’aspetto cruciale è far interrompere al paziente il comportamento di trazione. Ciò spesso richiede un approccio di salute mentale: psicoterapia cognitivo-comportamentale (soprattutto tecniche di Habit Reversal Training) per rendere il paziente consapevole dell’impulso e sostituire l’abitudine con comportamenti alternativi. Negli adulti possono essere utili farmaci ansiolitici o antidepressivi (ad es. SSRI come fluoxetina, sertralina) se c’è un disturbo d’ansia o dell’umore sottostante. Alcuni studi hanno suggerito beneficio con integratori come N-acetilcisteina (1200-2400 mg/die) nel ridurre l’impulso, grazie al suo effetto modulatore sul glutammato (ci sono evidenze di efficacia in tricotillomania e dermatillomania). In casi pediatrici, il coinvolgimento della famiglia è importante per rimuovere eventuali fattori di stress e per monitorare il bambino (es. far indossare un berretto, tenere le mani occupate). Come misure dermatologiche, talora si prova l’applicazione di sostanze detersive dal tiraggio: ad esempio applicare sul cuoio capelluto lozioni appiccicose o oleose che rendano difficile afferrare i capelli (questo ha efficacia limitata). Alcuni dermatologi prescrivono minoxidil topico non tanto per far ricrescere (ricrescerebbero comunque) ma perché i capelli ricresciuti sotto minoxidil possono essere leggermente più spessi e dunque il paziente li sente meno “sottili” e non li strappa (meccanismo ipotetico). Tuttavia, se la trazione continua, anche i nuovi capelli cadranno. In situazioni estreme si può optare per tagliare i capelli molto corti (“buzz cut”) o radere, per togliere la gratificazione di tirare – questo spesso porta a remissione temporanea, ma se non si risolve la causa psicologica, il disturbo riprende appena i capelli ricrescono. In soggetti con aree glabre stabili da tempo (caso raro se il comportamento cessa, di solito ricrescono), potrebbe essersi instaurata una fibrosi cicatriziale focale: se ciò avviene (ad esempio sopracciglia cronicamente strappate per anni possono non ricrescere del tutto), si valutano opzioni come trapianto di capelli autologo in quelle zone, una volta che il disturbo è sotto controllo. In generale il follow-up dermatologico e psichiatrico congiunto è necessario: i dermatologi monitorano la ricrescita e incoraggiano il paziente, mentre lo psicoterapeuta lavora sull’impulso. La prognosi varia: molti bambini superano la tricotillomania crescendo, altri sviluppano un disturbo cronico.
Istopatologia: Le biopsie in casi di tricotillomania mostrano segni caratteristici di trauma meccanico al follicolo. Spesso si osservano tracce di pigmento e cheratina nella guaina follicolare (i cosiddetti “cast di pigmento”), risultato di fusti rotti intrafollicolari. I follicoli possono presentare una forma distorta e irregolare definita trichomalacia: il pelo appare deformato, contorto all’interno del follicolo, con la guaina epiteliale infossata e infiltrata da melaninofagi dove il fusto è spezzato. Possono trovarsi piccoli emorragie perifollicolari e depositi di emosiderina, correlati al traumatismo ripetuto. L’infiltrato infiammatorio è minimo o assente, a parte possibili cellule giganti tipo corpo estraneo attorno ai frammenti di pelo ritenuti. A differenza dell’alopecia areata, non si notano infiammazione bulbare “a sciame” né attacco immunitario. A differenza delle cicatriziali, l’architettura follicolare è preservata (anche se “vuota” o distorta). In biopsie verticali, a volte si vede un angolo anomalo del follicolo, come se fosse piegato. In sintesi, i criteri istologici per tricotillomania includono: trichomalacia follicolare, fusti spezzati con granulomi da corpo estraneo nel canale pilare, pigmento libero nella dermide, emorragie focali, assenza di infiltrato linfocitario di rilievo. Questi elementi permettono di differenziare una chiazza di tricotillomania da alopecia areata (dove avremmo linfociti e bulbi in catagen, ma non frammenti di fusto tranciati con granulomi). Nelle fasi avanzate, se si sviluppa fibrosi, l’istologia può mostrare aspetti cicatriziali secondari, ma tipicamente restano alcuni follicoli funzionanti adiacenti, e spesso tracce dello strappo passato (pigmento, ecc.) forniscono indizi.
Alopecia da Farmaci
Quadro clinico: Numerosi farmaci possono causare alopecia come effetto collaterale, generalmente in forma non cicatriziale e reversibile sospendendo il trattamento. I meccanismi più comuni sono: (a) induzione di un telogen effluvium (ad es. eparina, β-bloccanti, retinoidi sistemici, interferone, antitiroidei, anticoncezionali, alcuni antidepressivi) in cui dopo 2-3 mesi di terapia si osserva una caduta diffusa; (b) danno dell’anagen (simile all’anagen effluvium) per farmaci citotossici (chemioterapici, ma anche alcuni come colchicina ad alte dosi) con caduta rapida. Clinicamente, l’alopecia indotta da farmaci si presenta spesso come un diffuso diradamento su tutto il cuoio capelluto senza chiazze specifiche. Nel caso dei chemioterapici, come detto, può essere molto pronunciata (fino alla calvizie completa). Con altri farmaci (es. isotretinoina per acne) si nota un aumento della caduta e un diradamento modesto-temporaneo. Raramente i farmaci danno alopecie a pattern localizzato: un esempio è l’alopecia da acido valproico che talora simula un pattern androgenetico; alcuni inibitori delle tirosin-chinasi (per terapie oncologiche mirate) causano alopecia areata-like o incanutimento dei capelli. In generale, il paziente riferisce correlazione temporale con l’inizio di un certo farmaco (a volte non immediata se è un TE tardivo). La cute appare normale, senza infiammazione. A differenza di una condizione come la tricotillomania o l’alopecia areata, qui la storia farmacologica è l’indizio primario.
Diagnosi differenziale: Nel valutare alopecia diffusa, bisogna sempre rivedere la lista di farmaci assunti negli ultimi 6 mesi. Spesso l’alopecia “da farmaci” è un telogen effluvium e come tale differisce da alopecia androgenetica (che potrebbe comunque coesistere). Se la caduta è iniziata dopo un cambio di terapia, quell’agente è sospetto. Va distinta l’alopecia indotta da farmaco da un peggioramento di alopecia sottostante indipendente: ad esempio, un paziente in statine che sviluppa alopecia potrebbe in realtà avere un’AGA che progredisce spontaneamente. La rechallenge (sospendi e reintroduci farmaco) chiarisce ma non è sempre etica/pratica. Dato che la presentazione è aspecifica (telogen effluvium diffuso), la diagnosi è soprattutto anamnestica. Una biopsia mostrerebbe telogen effluvium (follicoli in telogen aumentati) senza segni specifici, quindi non è dirimente tranne che per escludere altre cause.
Dermoscopy: Non c’è un pattern dermoscopico peculiare per l’alopecia farmaco-indotta al di là di quello del tipo di effluvium provocato. In un effluvio telogen indotto, i segni saranno identici a un TE (follicoli vuoti, capelli uniformi senza miniaturizzazione) . Nell’anagen effluvium indotto, come in chemio, segni simili a quelli già descritti (capelli distrofici, punti neri se rotti). Non esiste un segno che dica “questa è alopecia da farmaco X”; tuttavia, alcuni inibitori delle EGFR causano “trichomes” (fusti fragili con aspetto di pili torti), e possono indurre dermatite follicolare visibile come eritema periostio. In linea generale, la dermoscopia serve per escludere componenti di AGA o areata concomitanti.
Terapia: La gestione primaria consiste nel sospendere o sostituire il farmaco responsabile, se possibile. In molti casi, la sospensione porta a ricrescita completa nell’arco di alcuni mesi (corrispondenti ai cicli follicolari). Se il farmaco è indispensabile (es. chemio in paziente oncologico, terapia cronica insostituibile), si devono usare misure compensative: parrucche, camufflage cosmetico. Nei telogen effluvium farmaco-indotti, una volta tolto il farmaco il recupero è spontaneo e non è necessaria terapia specifica, a parte integratori generali per supportare la crescita. Si può considerare minoxidil topico per accelerare la ricrescita se il paziente lo desidera, ma sapendo che non è obbligatorio. Per prevenire alopecie da chemioterapici, come detto, si utilizza la cuffia refrigerante. In alopecie meno comuni da farmaci (es. alopecia areata-like da biologici), paradossalmente si può dover trattare come un’alopecia areata autoimmune (steroidi etc.) se il farmaco non può essere interrotto. È importante informare i pazienti sui potenziali effetti dei farmaci su capelli: a volte sapere che la caduta è un effetto collaterale atteso e temporaneo allevia molta ansia. Nel caso di farmaci come l’isotretinoina o l’acitretina (che spesso causano un telogen effluvium dose-dipendente), si può modulare la dose o aggiungere supplementi (es. biotina) anche se l’efficacia è empirica.
Istopatologia: Come accennato, l’istologia riflette il tipo di alopecia scatenata. Nel telogen effluvium da farmaci, si vede un aumento di follicoli in telogen senza anormalità strutturali; nessun segno infiammatorio. Nei casi di alopecia areata-like (ad es. checkpoint inhibitors immunoterapici che scatenano AA), l’istologia può imitare l’alopecia areata (infiltrato linfocitario peribulbare). Nei casi di chemio, come già descritto, si vedono follicoli distrofici con matrice necrotica. Non c’è quindi un “marcatore” istologico dei farmaci, e la storia clinica rimane fondamentale.
Alopecia da Trazione
Quadro clinico: L’alopecia da trazione è causata da una tensione fisica cronica esercitata sui capelli, tipicamente dovuta a certe acconciature strette o abitudini (treccine africane, chignon tirati, extension, code molto strette, uso prolungato di capelli artificiali pesanti, dreadlocks, turbanti, ecc.). La trazione prolungata danneggia progressivamente i follicoli, causando inizialmente miniaturizzazione e caduta dei capelli, e a lungo andare può portare a fibrosi e perdita permanente. Clinicamente si osserva un diradamento o chiazze alopeciche localizzate laddove la tensione è massima. Un quadro classico è l’alopecia delle regioni fronto-temporali in donne afro-caraibiche con treccine strette o extension (nota come “alopecia marginale” o alopecia da chignon in passato) . Si presenta come una stempiatura progressiva: l’attaccatura frontale e temporale arretra, lasciando un bordo di peli corti residui (frangia di capelli spezzati) subito dietro la linea d’impianto – questo bordo di solito rimane perché comprende capelli non afferrati dall’acconciatura, definito appunto “fringe sign”. Anche altre aree possono essere colpite a seconda dello stile: ad esempio alopecia occipitale superiore (da code alte), alopecia in regione parietale mediana (da cappelli stretti, cuffie, headset portati per lavoro). Nelle fasi iniziali i capelli appaiono indeboliti ma sono ancora presenti, solo più corti e radi; possono essere visibili papule follicolari eritematose o foruncolini se c’è anche follicolite da trazione. Col tempo, se la trazione continua, i follicoli esauriscono la capacità di rigenerarsi: compaiono chiazze glabre a margini sfumati, con riduzione degli osti. La cute nelle aree affette inizialmente può mostrare leggero eritema perifollicolare e desquamazione; poi diviene più liscia e atrofica quando subentra la fibrosi. Il processo è spesso lento (anni). In alcuni casi di alopecia da trazione acuta (es. signore Sikh con turbante stretto) può esserci dolore allo scalpo e caduta repentina di ciocche.
Diagnosi differenziale: È generalmente suggerita dall’anamnesi (acconciature tirate). Può essere confusa con un’alopecia frontale fibrosante (FFA), data la somiglianza nella recessione frontotemporale. Tuttavia, la FFA colpisce in genere donne in post-menopausa, spesso con perdita sopracciglia associata, e presenta segni infiammatori come ipercheratosi perifollicolare visibili a livello del margine frontale, oltre alla perdita dei peli vellusi della glabella (cute lucida) che non si osserva nella trazione . Inoltre, nella FFA manca il “fringe sign” classico (in FFA l’attaccatura si arretra in modo netto e spesso spariscono del tutto i peli marginali, mentre nella trazione persiste qualche ciuffetto lungo l’hairline risparmiato dalle trecce). Anche un lichen planopilaris localizzato frontale potrebbe entrare in diagnosi differenziale, ma avrebbe chiazze irregolari con desquamazione perifollicolare evidente e sintomi come prurito/bruciore. La tricotillomania frontale a volte può somigliare – ma la trazione produce di solito una linea di attaccatura regolare arretrata, invece la tricotillomania dà chiazze irregolari e capelli di lunghezze diverse. In alcuni casi, alopecia da trazione prolungata diventa cicatriziale e allora va distinta anche da pseudopelade; l’anamnesi qui è dirimente (precedente acconciatura).
Dermoscopy (Tricoscopia): I reperti tricoscopici nell’alopecia da trazione rispecchiano sia il danno meccanico cronico sia, nei casi avanzati, la fibrosi. Si possono osservare ostii follicolari dilatati con contorni pigmentati bruni ma privi di capelli (“empty follicles with pigmented outline”) . Questo probabilmente corrisponde all’iperpigmentazione perifollicolare post-infiammatoria o depositi di melanina attorno a follicoli traumatizzati. Sono spesso presenti punti bianchi irregolari di piccole dimensioni**, indicativi di fibrosi follicolare incipiente o ghiandole sebacee distrutte visibili come microaree bianche atrofiche . Possono inoltre apparire punti gialli (follicoli vuoti pieni di sebo) in zone dove i capelli sono caduti di recente . Nei margini attivi si nota talvolta lievissimo eritema perifollicolare se la trazione è in atto. Un segno descritto è la presenza di capelli distorsi o piegati all’uscita del follicolo, indice del trauma – simili a hook hairs se osservati. In alopecie da trazione marginali, la tricoscopia del limite può evidenziare alcuni capelli terminali solitari (“lonely hairs”) residui sulla linea frontale, isolati in mezzo alla zona glabra – simile a quanto si vede in FFA, ma in FFA quei lonely hairs sono spesso circondati da ipercheratosi perifollicolare, mentre nella trazione no. Nelle aree ormai cicatriziali compariranno aree bianche lucenti senza osti (cicatrici) alternate a osti dilatati vuoti. Riassumendo: la dermoscopia dell’alopecia da trazione mostra segni di follicoli vuoti, alcune piccole cicatrici puntiformi e pigmentazione perilesionale, senza l’intenso pattern infiammatorio di un licheno o lupus, e con presenza di capelli a varie lunghezze (soprattutto ai margini) che testimoniano la natura traumatica.
Terapia: Il cardine della terapia è rimuovere la causa di trazione. Il paziente va educato a evitare acconciature tirate: ad esempio, sciogliere le treccine o farle più lente, evitare code strette, cambiare pettinatura frequentemente in modo da non stressare sempre le stesse aree, utilizzare elastici morbidi e non stringere eccessivamente i capelli. Nelle comunità dove tradizionalmente si portano turbanti o veli stretti, bisogna trovare compromessi (es. allentare il nodo, usare tessuti più elastici). Se la trazione viene eliminata nelle fasi precoci, l’alopecia è reversibile: i capelli ricrescono spontaneamente in mesi perché i follicoli non sono morti ma solo “stanchi”. Si può favorire la ricrescita con minoxidil topico al 2-5% applicato sulle zone colpite per stimolare i follicoli traumatizzati. In alcuni casi di infiammazione (es. follicoliti da trazione) possono aiutare brevi cicli di corticosteroidi topici o antibiotici topici per ridurre l’irritazione. Nelle fasi avanzate di alopecia da trazione, quando ormai c’è fibrosi permanente, purtroppo i capelli non ricrescono più: la gestione qui è simile a quella di alopecie cicatriziali – si può considerare il trapianto di capelli nelle aree cicatriziali se il paziente lo desidera e se la zona ricevente ha vascolarizzazione sufficiente. La chirurgia plastica (riduzione chirurgica della linea di attaccatura) è un’opzione se l’area colpita è limitata. Tuttavia, la prevenzione è migliore: far capire soprattutto ai giovani (ad es. ballerine, atleti, o persone di certe etnie) il rischio di calvizie permanente associato a stili di capelli tirati è importante. Le aree guarite con cicatrice possono beneficiare di camouflage (tricopigmentazione). In parallelo, se la trazione aveva una componente psicologica (overgrooming), si può gestire come un’abitudine da correggere (a volte la trazione è imparentata con tricotillomania in certi casi). In sintesi: stop alla trazione + minoxidil + trattamenti antinfiammatori locali se indicati, e valutazione chirurgica per esiti cicatriziali.
Istopatologia: Nelle fasi iniziali di alopecia da trazione, la biopsia può mostrare caratteristiche simili alla tricotillomania: follicoli distorti con trichomalacia, un lieve infiltrato infiammatorio perifollicolare misto (spesso attorno all’infundibolo), iperplasia fibrosa perifollicolare da trazione. Non c’è l’interfaccia lichenoide del lichen planopilaris né l’infiltrato intenso del lupus. È presente spesso una fibrosi concentrica attorno al follicolo (lamellare) nelle zone più stressate, e degenerazione prematura delle guaine interne. I capelli tendono a miniaturizzarsi (quindi c’è un aspetto di alopecia micro-multifocale, con follicoli vellus accanto a terminali). Con il perdurare del trauma, i follicoli possono atrofizzarsi: l’istologia di alopecia da trazione cronica può evidenziare fibrosi dermica focale con “foam cells” (istiociti schiumosi attorno a residui di guaina) e un ridotto numero di follicoli, simile a un’alopecia cicatriziale in quiescenza. Un elemento descritto è la presenza di tratti fibrosi verticali al posto dei follicoli distrutti, con conservazione del muscolo piloerettore (questo è comune a pseudopelade). Non c’è di solito il lichenoide con distruzione attiva del bulge. In definitiva, l’istologia riflette una follicolite meccanica cronica: inizialmente infiammazione lieve e “tiraggio” del collagene, poi perdita dei follicoli con fibrosi. Questo può essere difficilmente distinguibile da pseudopelade o LPP guarito, se non per qualche residuo di pelo spezzato e la storia clinica.

Per riassumere i punti chiave delle alopecie non cicatriziali esaminate, si può consultare la seguente tabella comparativa:
Tabella 1 – Confronto di Alopecie Non Cicatriziali Principali (caratteristiche cliniche, dermoscopiche e istopatologiche)
Tipo di Alopecia Quadro Clinico (Pattern e segni) Dermosopia (Segni principali) Istologia (Aspetti salienti) Alopecia Androgenetica (AGA) Diradamento graduale a pattern (uomo: fronte-tempie e vertice; donna: diffuso centro-parietale con attaccatura conservata). Capelli più sottili, miniaturizzati, no cicatrici. Spesso familiarità. Anisotrichosi: fusti di calibro diverso (variazione superiore al 20%) . Ridotto n. di capelli per unità (↑follicoli singoli) . Segno del peripilar halo (pigmentazione perifollicolare marrone) nelle fasi iniziali . Yellow dots e piccoli punti bianchi nei casi avanzati (follicoli vuoti) . Niente infiammazione significativa. Miniaturizzazione follicolare con aumento dei peli vellus e rapporto terminali/vellus ridotto. Aumento % di follicoli in telogen. Fibrosi peri-follicolare lieve (fibrous streamers) nei follicoli miniaturizzati . Niente infiltrato infiammatorio marcato. Bulbi intatti. Alopecia Areata Chiazze glabre rotonde/ovali a superficie liscia, senza cicatrici. Aree di capelli normali interposti. Possibile totale (totalis) o universale. Segni: capelli “! ” al margine, caduta rapida. Possibili pitting ungueali. Decorso imprevedibile, spontaneamente ricrescente in molti casi . Yellow dots diffusi (follicoli vuoti con sebo) . Black dots (capelli spezzati al cuoio) . Capelli a punto esclamativo al margine (fusto assottigliato prossimalmente) . Peli vellus corti in ricrescita. Possibili “cadaver hairs” (spezzati) e peli a punto interrogativo. Nessuna squama, nessuna perdita osti. Infiltrato linfocitario peri-bulbare (“a sciame di api”) nella fase attiva . Follicoli in anagen distrofici o in catagen precoce. Pigmento libero nella papilla (melanofagi). Follicoli conservati anatomicamente (no fibrosi cicatriziale), solo in telogen/vellus. In fasi cronicizzate diminuzione densità follicolare senza infiammazione attiva. Telogen Effluvium (TE) Caduta diffusa incrementata di capelli su tutto il cuoio capelluto, spesso 2-3 mesi dopo fattore scatenante (stress, parto, dieta, farmaci…). Diradamento globale moderato, senza chiazze glabre. No atrofia, cute normale. Spesso autolimitato entro 6 mesi . Non specifica. Follicoli tutti aperti, molti vuoti (dots gialli) sparsi . Capelli di calibro uniforme (no miniaturizzazione significativa). Capelli ricrescenti sottili (vellus in crescita) diffusi . Assenza di segni infiammatori o cicatriziali. Dermoscopia spesso normale salvo ridotta densità. Aumento percentuale di follicoli in telogen (+ del 20%) . Follicoli morfologicamente normali, senza infiammazione né miniaturizzazione. Fasi anagen inferiore all'80%. Nessuna fibrosi. Anagen Effluvium Caduta rapida di capelli in anagen, tipicamente da chemioterapici. Alopecia diffusa marcata entro settimane dall’esposizione. Spesso perdita completa del cuoio capelluto e sopracciglia-ciglia. Cute glabra ma non cicatriziale (follicoli a riposo). Capelli distrofici spezzati con restringimenti (costrizioni) vicino al cuoio se presenti. Punti neri se fusto rotto a livello ostio. Molti follicoli vuoti in poco tempo. In ricrescita: capelli sottili depigmentati. Nessun segno di infiammazione. Danno tossico alla matrice: bulbi in degenerazione, “anagen distrofici”. Constrizioni Pohl-Pinkus nel fusto (assottigliamenti periodici). Possibili materiali di fusto fratturati con risposta da corpo estraneo minima. No infiltrato linfocitario. Follicoli in catagen/telogen simultanei. Tricotillomania (alopecia da strappo) Chiazze irregolari di alopecia per auto-strappo di capelli. Pattern bizzarro, spesso unilaterale o su aree accessibili alla mano dominante. Capelli di lunghezze diverse presenti (monconi). Cute per lo più normale, talora escoriazioni. Più comune nei bimbi/adolescenti (associato a stress o disturbo compulsivo). Capelli rotti a varie lunghezze su tutto il sito . “Flame hairs” (figure a fiamma: residui filamentosi dei capelli spezzati) . “V-sign”: due capelli spezzati emergono dallo stesso ostio a V . “Tulip hairs” (punta scura a bulbo) . Hook hairs (fusto piegato a uncino) . Black dots irregolari e puntini ematici possibili . Segni altamente specifici per strappamento vs AA. Trichomalacia: fusti deformati e fratturati nei follicoli. Cast di pigmento/cheratina nelle guaine (residui di capelli rotti). Piccole emorragie peri-follicolari e melanofagi. Infiltrato infiammatorio scarso o assente (no linfociti bulbare). Possibili granulomi da corpo estraneo attorno a frammenti di pelo. Follicoli in telogen aumento (per trauma reiterato) e alcuni miniaturizzati. Architettura conservata a meno di fibrosi in casi cronici severi. Alopecia da Trazione Diradamento fronto-temporale (o altra area soggetta a trazione cronica: es. chignon, treccine, extension). Attaccatura arretrata in modo uniforme, spesso con “frangia” di capelli corti residui al margine (fringe sign). Inizialmente capelli fragili e spezzati, poi alopecia permanente se continua. Più comune in alcune pratiche etniche o professionali. Osti follicolari vuoti con bordo pigmentato marrone (brown rings) dovuto a iperpigmentazione da trazione . Punti bianchi piccoli e irregolari (cicatrici iniziali) . Yellow dots in follicoli inattivi. Eventuale lieve eritema perifollicolare nelle zone sotto tensione attiva. Nei margini, capelli isolati “lonely” ancora presenti. Inizialmente: infiltrato minimo; segni di stress cronico: fibrosi concentrica attorno ai follicoli (lamellare), miniaturizzazione simil-AGA in punti di stress. Tracce di trauma: fusti distorti, possibili granulomi attorno a frammenti di guaina. Nella cronicità: fibrosi dermica focale e riduzione numero follicoli (alopecia cicatriziale secondaria). Muscolo piloerettore spesso preservato. Può somigliare a pseudopelade istologicamente negli stadi finali.
Note: Tutte queste alopecie non cicatriziali presentano follicoli potenzialmente recuperabili (a eccezione delle fasi avanzate di trazione con fibrosi). Il trattamento si basa sulla rimozione delle cause e su terapie mediche mirate a stimolare la ricrescita (vedi testo). La dermoscopia/tricoscopia è strumento chiave per la diagnosi differenziale, mostrando pattern specifici (es. AA vs tricotillomania) e assenza di segni cicatriziali (come la presenza di follicoli aperti in tutte queste condizioni, a differenza delle alopecie cicatriziali primarie).
Alopecie Cicatriziali Primarie
Le alopecie cicatriziali primarie (ACP) comprendono varie malattie infiammatorie in cui il processo distruttivo è centrato sul follicolo pilifero fin dall’inizio. Il denominatore comune è la perdita irreversibile dei follicoli: l’infiammazione infatti danneggia il “bulge” (la nicchia staminale follicolare) e le strutture follicolari, portando a fibrosi e all’obliterazione degli osti follicolari nelle aree colpite . Clinicamente queste alopecie si manifestano con chiazze alopeciche cicatriziali: la cute appare liscia, spesso lucida o atrofica, priva di aperture follicolari; nelle fasi attive si osservano segni infiammatori come eritema perifollicolare, squame follicolari, pustole, papule o croste al margine delle chiazze . I pazienti riferiscono talvolta sintomi come prurito, dolore, bruciore o trazione nelle aree attive – sintomi importanti che suggeriscono attività infiammatoria ancora in corso.
Dal punto di vista etiologico, le ACP sono idiopatiche o autoimmuni nella maggior parte dei casi (salvo alcune eccezioni come la follicolite decalvante probabilmente microbica). La classificazione per tipo di infiltrato è utile anche clinicamente: in generale, le forme linfocitarie presentano papule follicolari, desquamazione e progressione lenta; le forme neutrofile presentano pustole, essudazione e talora progressione più rapida con distruzione purulenta; le forme miste hanno elementi di entrambe (es. pustole + cicatrici cheloidee). È fondamentale riconoscere precocemente un’alopecia cicatriziale, perché il danno follicolare è rapido una volta instaurato e la terapia deve puntare a spegnere l’infiammazione prima che distrugga tutti i capelli. La diagnosi si basa su clinica/tricoscopia e conferma istologica: spesso servono biopsie in sezione sia verticale che orizzontale per valutare l’infiltrato e il grado di fibrosi .
Di seguito si descrivono le principali alopecie cicatriziali primarie, suddividendole per gruppo infiammatorio predominante.
Alopecie Cicatriziali Linfocitarie
In queste condizioni il infiltrato infiammatorio è composto soprattutto da linfociti T (e a volte plasmacellule). Sono generalmente di origine autoimmune o idiopatica. Comprendono lupus cutaneo cronico (discoide), lichen planopilaris e varianti (alopecia frontale fibrosante, Graham-Little), pseudopelade di Brocq, alopecia centrifuga centrale, alopecia mucinosa, ecc. .
Lupus Eritematoso Discoide del Cuoio Capelluto (Lupus Cutaneo Cronico)
Quadro clinico: Il lupus eritematoso cutaneo cronico (LECC), detto anche lupus discoide quando colpisce la pelle, è una delle cause più comuni di alopecia cicatriziale linfocitaria . Può interessare solo la cute (lupus discoide localizzato) o far parte di un LES sistemico. Sul cuoio capelluto si presenta con placche eritematose ben delimitate, di forma rotonda-ovale (da cui “discoide”), spesso desquamanti e con ipercheratosi follicolare (follicular plugging: tappi di cheratina negli osti) . Le lesioni attive hanno un bordo eritematoso infiammatorio e un centro più chiaro e atrofico: infatti il lupus discoide tende a lasciare aree cicatriziali biancastre centrali man mano che si consuma l’infiammazione . Caratteristiche sono le alterazioni pigmentarie: ipopigmentazione centrale (cicatriziale) circondata da iperpigmentazione periferica o a chiazze (dovuta a depositi melanici post-infiammatori) . La superficie può presentare squame aderenti; un segno classico è la “squama a tappo di moquette” (carpet tack): quando si solleva una squama, sulla faccia inferiore si notano estroflessioni cornee con la forma degli osti follicolari colmati. I capelli nelle aree colpite cadono e non ricrescono, lasciando alopecia cicatriziale. I margini delle lesioni spesso presentano al tatto rugosità e spighette dovute ai follicoli cheratosici ostruiti. Con l’evoluzione, la placca diventa atrofica, liscia, biancastra al centro, con periferia pigmentata ed eritematosa: l’aspetto a “impronta di lupo” (cicatrice centrale e attivo eritema circostante) è tipico. Il lupus discoide può essere isolato al cuoio capelluto (spesso zone fotoesposte: frontale, orecchie, cuoio scoperto) o colpire anche volto e orecchie. Circa il 30-50% dei pazienti con lupus discoide possono sviluppare lesioni sul cuoio capelluto . È da notare che fino a un terzo dei casi di lupus discoide cutaneo rimangono confinati alla pelle senza evoluzione sistemica; tuttavia, la scalp involvement può essere severa e sfigurante se non trattata. Sintomi: spesso prurito o bruciore nelle lesioni attive.
Diagnosi differenziale: Bisogna differenziare il lupus discoide da altre cause di alopecia cicatriziale a chiazze. In particolare, dal lichen planopilaris: quest’ultimo dà chiazze alopeciche con ipercheratosi follicolare e cicatrici, ma di solito manca l’iperpigmentazione a chiazze e le placche non hanno quell’aspetto eritematoso “centrifugo” del lupus; inoltre raramente il LPP produce squame così aderenti come il lupus. La pseudopelade di Brocq è un lupus-like senza infiammazione: chiazze bianche atrofiche footprint in snow che però nel lupus discoide di solito sono contornate da segni attivi, mentre la pseudopelade è “spenta”. Va distinto anche da forme di alopecia cicatriziale neutrofila atipiche, ma la presenza di follicular plugging e di teleangectasie arborizzate (capillari dilatati) nel lupus aiuta. Una chiazza di lupus discoide attivo sul cuoio capelluto può a prima vista ricordare una psoriasi o un’eczema cronico se c’è molta squama, ma la psoriasi non distrugge i follicoli (non c’è alopecia permanente) e l’eczema pure no, inoltre queste dermatosi non hanno i “tappi” cheratinici foliculari evidenti e le cicatrici. La biopsia e l’IFD (immunofluorescenza diretta con banda lupus) possono confermare lupus discoide .
Dermoscopy (Tricoscopia): La tricoscopia del lupus discoide mostra segni caratteristici correlati ai tappi follicolari, ai cambiamenti vascolari e alla pigmentazione. Nei fasi attive si osservano: “mega yellow dots” – i punti gialli appaiono molto grandi corrispondendo a osti dilatati colmi di cheratina (follicular plugging) . Vasi arborizzanti spessi di colore rosso**** ramificati**** attraversano la placca, indicativi di teleangectasie dermiche (cicatrici attive) . Pigmentazione marrone a chiazze e puntini grigio-blu attorno ai follicoli, dovuti alla melanina caduta nel derma (melanofagi) – specie nelle zone iperpigmentate e periferiche . Inoltre è visibile un alone biancastro intorno agli osti (peripilar white halo), segno di fibrosi concentrica iniziale . Un segno interessante è il “follicular red dot”: piccoli puntini rossi all’ostio, considerati buon segno prognostico di ricrescita, forse indicanti vascolarizzazione di follicoli ancora vitali . Nelle fasi tardive di lupus discoide (lesione cicatriziale) la dermoscopia rivela: assenza totale di osti follicolari nelle aree centrali (cicatrice), ampie aree bianche e rosso-latte strutturalmente amorfe nel luogo della cicatrice (derma fibroso + qualche vaso) . Possono persistere vasi arborizzanti sullo sfondo atrofico . Frequenti sono brillanti “chicchi bianchi cristallini” o rosette visualizzabili con dermoscopi polarizzati, che riflettono il collagene cicatriziale (anche questo segno di fibrosi tardiva) . In sintesi, i segni tricoscopici distintivi del lupus discoide sono: tappi follicolari cheratinici (grandi yellow dots), vasi arboriformi evidenti, chiazze di pigmento marrone-grigiastro e assenza di osti nelle cicatrici . Questo pattern combinato aiuta a differenziarlo dal LPP, dove i vasi arborizzanti e i plug cheratinici marcati non sono tipici (nel LPP i vasi sono lineari sottili attorno ai follicoli, e la pigmentazione è più blue-gray a punti). Anche dall’alopecia cicatriziale neutrofila si distingue perché in quest’ultima ci sarebbero pustole e tufting, non presenti nel lupus.
Terapia: Il lupus discoide richiede un trattamento aggressivo per prevenire cicatrici estese e possibile progressione sistemica. La prima linea consiste in corticosteroidi potentissimi topici (es. clobetasolo propionato lozione) applicati 1-2 volte/die sulle lesioni, spesso per periodi prolungati con eventuale scalaggio. Associati o in alternativa, si usano infiltrazioni intralesionali di cortisone (triamcinolone acetonide 5-10 mg/mL) nella periferia attiva delle placche, ogni 4-6 settimane, per ridurre l’infiammazione locale. Tali infiltrazioni spesso portano a flattening delle lesioni e riduzione di eritema. Tuttavia, data la natura autoimmune, è spesso necessario un trattamento sistemico: gli antimalarici sintetici (idrossiclorochina 200-400 mg/die, clorochina) sono considerati la terapia sistemica di prima linea per il lupus cutaneo cronico e altre alopecie linfocitarie . L’idrossiclorochina induce miglioramento in molte settimane: se dopo ~8-12 settimane la risposta è subottimale, talora si associa un secondo antimalarico (es. aggiungere chinacrina) per sinergia . Bisogna monitorare la funzionalità retinica (visita oculistica prima e durante il trattamento) . In casi di rapida progressione o severità, alcuni autori consigliano di partire subito con antimalarici insieme a steroidi topici . Se i pazienti non rispondono, le opzioni includono: retinoidi orali (acitretina, isotretinoina a dosi moderate) che hanno effetto anti-infiammatorio e sebostatico utile nel lupus cutaneo; metotrexato a basse dosi settimanali; dapsone (soprattutto se c’è componente neutrofila mista); micofenolato mofetil o azatioprina come risparmiatori di steroidi in casi refrattari. In letteratura vi sono report di successo con inibitori di Janus kinasi (JAK) come tofacitinib nel LES cutaneo resistente. Nel lupus discoide localizzato, un atteggiamento aggressivo con queste terapie spesso porta a remissione o almeno blocco dell’attività, evitando l’estensione dell’alopecia. È fondamentale la fotoprotezione: i pazienti devono usare filtri solari elevati e cappelli, poiché i raggi UV possono riattivare le lesioni. Anche smettere di fumare aiuta (il fumo peggiora il lupus cutaneo). Una volta ottenuta la remissione clinica (assenza di eritema, nessuna progressione), si mantiene il paziente in follow-up: eventuali esiti cicatriziali stabili possono in teoria essere trattati con trapianto di capelli, ma spesso le aree sono ipo-vascolarizzate e a rischio riattivazione con trauma chirurgico. Spesso è preferibile un camouflage con parrucche o cosmetici se l’area cicatriziale è molto ampia. Da ricordare: circa il 5-10% dei pazienti con lupus discoide isolato può sviluppare successivamente un lupus eritematoso sistemico (LES), quindi un follow-up clinico e immunologico (anticorpi ANA, dsDNA) periodico è indicato.
Istopatologia: L’istologia del lupus discoide in fase attiva mostra un classico quadro di dermatite lichenoide follicolare e annessiale con caratteristiche del lupus cutaneo. Si osserva una marcata ipercheratosi follicolare (tappi cornei nei follicoli, correlato ai “plug” clinici) . L’epidermide interfollicolare può mostrare ipercheratosi e atrofia dell’epidermide con degenerazione vacuolare dello strato basale (alterazioni di interfaccia tipiche del lupus). Nella giunzione dermo-epidermica e attorno ai follicoli c’è un denso infiltrato linfocitario a distribuzione sia periannessiale che perivascolare superficiale e profondo . Spesso è presente abbondante mucina dermica nelle sezioni a colorazione speciale (Alcian blue), depositata attorno ai follicoli e ai vasi (tipico del lupus). Si notano melanofagi e pigmento libero nel derma papillare (incontinenza pigmentaria). La membrana basale epidermica appare ispessita (PAS-positiva per deposizione di immunocomplessi e fibrina). I follicoli piliferi mostrano un danno simile: degenerazione vacuolare delle cellule basali del follicolo, cheratinizzazione anomala dell’infundibolo (plug), necrosi focale delle guaine, e infiltrato di linfociti che li circonda e penetra. Nelle zone avanzate, i follicoli sono distrutti e rimpiazzati da fascetti fibrosi verticali; le ghiandole sebacee spesso scompaiono precocemente (sono “fermate” dall’infiammazione). Il derma presenta una fibrosi a banda e depositi di collagene ialinizzato dove c’era l’annesso pilifero. Un esame importante è la immunofluorescenza diretta (DIF) su cute lesionale: nel lupus discoide in ~50% dei casi si riscontra la banda lupica – deposizione granulare di Ig (IgG, IgM) e complemento (C3) lungo la giunzione dermoepidermica, spesso accentuata attorno ai follicoli, confermando il lupus . La DIF è positiva nelle zone lesionali e a volte anche in cute sana del cuoio capelluto di pazienti con lupus attivo. In sintesi, l’istologia lupus evidenzia: dermatite di interfaccia vacuolare, ipercheratosi follicolare, infiltrato linfocitario profondo e superficiale, mucina dermica, distruzione follicolare con fibrosi. Tali reperti lo distinguono dal lichen planopilaris (molto simile in alcuni aspetti) soprattutto per la presenza di mucina marcata, di immunodepositi alla IF, e per un infiltrato più denso e profondo (nel LPP spesso è più superficiale e senza depositi di immunocomplessi).
Lichen Planopilaris (LPP)
Quadro clinico: Il lichen planopilaris è la variante follicolare del lichen planus (dermatosi autoimmune lichenoide). È la causa più comune di alopecia cicatriziale linfocitaria insieme al lupus . Colpisce prevalentemente donne di mezza età (40-60 anni) anche se può interessare uomini e fasce diverse . Clinicamente il LPP presenta chiazze alopeciche irregolari, inizialmente piccole e multiple, che tendono a confluire in aree più ampie di alopecia cicatriziale. Le chiazze hanno aspetto bianco-lucido atrofico al centro (cicatrice) e periferia con papule follicolari ipercheratosiche e eritema perifollicolare attorno ai capelli ancora presenti . A differenza del lupus, l’eritema non forma un disco coesivo ma è puntiforme attorno ai follicoli infiammati; inoltre manca la marcata iperpigmentazione (anche se può esservi lieve pigmentazione violacea attorno ai follicoli, riflesso dell’infiltrato lichenoide). Le squame nel LPP sono perifollicolari: si percepiscono al tatto come ruvidità “a carta vetrata” passando la mano sul cuoio capelluto – i follicoli infiammati formano piccole spine cheratosiche (cheratosi pilaris). Un segno clinico tipico è il capello a ciuffo solitario (“lonely hair sign”): nelle chiazze cicatriziali bianche può rimanere un singolo capello isolato qua e là, emergente da un ostio superstite in mezzo alla cicatrice (segno di malattia “bruciata” con pochi follicoli residui). Le zone più colpite sono regioni parietali e vertex (ma può coinvolgere tutto il cuoio). I sintomi sono spesso presenti: prurito intenso, senso di bruciore, dolore o tricodinia al cuoio capelluto – questi sintomi di solito accompagnano l’attività infiammatoria del LPP e possono precedere la caduta dei capelli. A volte i sintomi sono sproporzionati al quadro visibile. Il LPP può associarsi a segni di lichen planus classico (lesioni poligonali violacee su polsi/caviglie, lichen orale reticolare, ecc.) in circa 30% dei casi, ma spesso è limitato al cuoio capelluto. Il decorso è cronico: il LPP tende a evolvere per anni, con fasi attive e fasi di quiescenza; alla fine tende ad “esaurirsi” lasciando alopecia cicatriziale. Esistono tre sottotipi principali: il LPP classico (descritto sopra); l’alopecia frontale fibrosante (FFA), considerata variante del LPP localizzata fronto-temporalmente; la sindrome di Graham-Little-Piccardi-Lassueur, triade di LPP del cuoio capelluto + lichene follicolare non cicatriziale in altre sedi corporee + cheratosi pilare spinulosa (quest’ultima rarissima). Le ultime due saranno discusse separatamente.
Diagnosi differenziale: Il LPP va distinto principalmente dal lupus discoide. Rispetto al lupus, il LPP raramente presenta squame spesse aderenti a “tappo” e ha meno alterazioni pigmentarie: il LPP produce più una pigmentazione grigiastra-bluastra attorno ai follicoli (da melanofagi profondi) e meno le chiazze iper/ipo marroni del lupus. Inoltre, il LPP non ha teleangectasie evidenti. Dal punto di vista clinico, il LPP spesso ha distribuzione multifocale diffusa e sintomatologia più marcata (prurito forte) rispetto al lupus discoide. Un altro differenziale è la pseudopelade di Brocq: questa però è considerata da molti l’esito finale inattivo di LPP (o altre alopecie cicatriziali) e si presenta senza segni infiammatori – se un LPP è in fase attiva, la pseudopelade no. Distinguerli è più semantico: se vedi infiammazione, è LPP attivo, se solo chiazze bianche lisce asintomatiche, pseudopelade (o LPP burnt-out). Anche la alopecia centrale centrifuga (CCCA) può confondersi se multifocale: ma la CCCA tipicamente inizia al vertice con espansione concentrica, colpisce quasi solo donne africane, ed ha meno ipercheratosi follicolare visibile a occhio nudo. Alla biopsia le differenze tra LPP e lupus sono fondamentali (lichenoide vs lupus, depositi immunocomplessi).
Dermoscopy (Tricoscopia): Nel LPP la tricoscopia è molto ben caratterizzata. In fase attiva si osservano: ipercheratosi perifollicolare evidente – attorno agli osti piliferi coinvolti si notano scaglie cheratiniche bianche a manicotto (peripilar casts) ; eritema perifollicolare e piccoli vasi lineari a disposizione radiale attorno ai follicoli (segno di infiammazione attiva) . Tipica del LPP è la presenza di punti/blocchi grigio-bluastri attorno ai follicoli e nell’area alopecica – sono depositi di melanina nel derma, corrispondenti alle macule iperpigmentate violacee cliniche (in LPP i melanofagi danno un colore grigio-blu in dermoscopia) . Si apprezzano anche aree violacee mal defin ite (sfumature rossastre-violacee) attorno ai follicoli che riflettono l’infiltrato lichenoide e congestione. I vasi possono presentarsi come linee rosse sottili allungate parallele (rispettivamente ai cast periferici) o piccoli capillari tortuosi. Un altro segno è la “tubular scaling”: le squame ipercheratosiche formano tubi che avvolgono l’ostio e l’eventuale capello residuo. In fase tardiva/inattiva la tricoscopia mostra: punti bianchi larghi e irregolari (cicatrici) al posto dei follicoli distrutti ; assenza di aperture follicolari; chiazze bianche lucenti e qualche area rosata lattiginosa (fibrosi + vasi dilatati lievi). Frequenti nel LPP inattivo sono i “tufted hairs” residui: piccoli ciuffi di 2-3 capelli che emergono da un unico ostio dilatato (segno di tentativo di riparazione, anche se tufting marcato è più tipico di alcune neutrofile). Inoltre, rimangono i peli solitari isolati (lonely hairs) in mezzo alla cicatrice. Dunque, i segni chiave tricoscopici del LPP attivo sono: ipercheratosi perifollicolare + eritema perifollicolare, punti blu-grigi (melanina) e vasi lineari attorno ai follicoli . Quelli del LPP inattivo: grossi punti bianchi, perdita osti, lonely hairs . Tali pattern differenziano il LPP dal lupus (quest’ultimo aveva grandi yellow dots e arborizing vessels – nel LPP i yellow dots non sono marcati e i vasi arborizzanti mancano, essendoci piuttosto un eritema peripilar discreto).
Terapia: La gestione del lichen planopilaris mira a bloccare l’infiammazione ed evitare nuova perdita di capelli, poiché la ricrescita nelle zone cicatriziali non è possibile. Non esiste una cura definitiva, ma diversi trattamenti immunomodulatori possono indurre remissione. La prima linea comprende tipicamente corticosteroidi topici ultrapotenti (clobetasolo) applicati sul cuoio capelluto e infiltrazioni intralesionali di triamcinolone (5-10 mg/mL) nelle aree attive, come per il lupus discoide. Questo riduce efficacemente l’eritema e il prurito e può spegnere l’attività locale. Siccome il LPP è cronico, è spesso necessario un trattamento sistemico di mantenimento: in analogia al lupus cutaneo, i farmaci antimalarici (idrossiclorochina 200 mg 2xdie) sono considerati la prima scelta sistemica anche nel LPP . Studi mostrano miglioramento di segni e sintomi in molti pazienti con LPP su antimalarici dopo 3-6 mesi, sebbene la ricrescita di nuovi capelli sia rara (ci si accontenta di bloccare l’avanzata). In pazienti fumatori la risposta agli antimalarici è ridotta (consigliare di smettere) . In caso di progressione rapida o resistenza agli antimalarici, alternative sono: retinoidi orali (es. isotretinoina 20-40 mg/die o acitretina 25 mg/die) – c’è evidenza che possano aiutare nel LPP riducendo l’ipercheratosi follicolare e l’infiltrato . Anche la dapsona (50-100 mg/die) è stata usata in LPP con componente neutrofila/mista. Un’altra opzione sono gli immunomodulatori sistemici: il metotrexato a basso dosaggio settimanale (10-15 mg a settimana) ha mostrato efficacia in alcuni casi refrattari; la ciclosporina (3-5 mg/kg) può funzionare ma per periodi limitati data la tossicità; la micofenolato mofetil è un’altra opzione utile in alcuni. Nelle donne in post-menopausa con alopecia frontale fibrosante (variante LPP), alcuni hanno usato inibitori della 5α-reduttasi (finasteride 2.5-5 mg/die, dutasteride 0.5 mg die) con discreto successo nel rallentare la perdita – si ipotizza un ruolo degli ormoni come cofattore nella FFA. Un trattamento emergente è con inibitori JAK, come tofacitinib: ci sono case report di miglioramento nel LPP/FFA con tofacitinib (5 mg 2xdie), riflettendo la natura autoimmune; tuttavia l’uso non è ancora standard e i costi sono elevati. In fase acuta, un breve ciclo di prednisone orale (es. 20-30 mg/die per 2-4 settimane, scalando) può calmare un flare severo di LPP per poi passare a un mantenimento con antimalarici o altri farmaci. Non va dimenticato di controllare i sintomi: antistaminici per prurito, lozioni anestetiche locali (es. crema lidocaina-prilocaina) per bruciore, etc., per migliorare la qualità di vita. La malattia può durare anni ma spesso entra in remissione spontanea entro 3-5 anni; una volta silente per oltre anno (nessun segno attivo), si può considerare interventi estetici come trapianto di capelli nelle zone cicatriziali, con cautela (il trapianto in tessuto fibroso ha successo ridotto e potrebbe potenzialmente riattivare infiammazione). Molti pazienti trovano beneficio anche in parrucche o hair prosthesis durante la fase attiva, per camuffare le chiazze. Importante anche controllare eventuali focolai di lichen planus in altre sedi: se presente lichen cutaneo o mucoso, trattarlo può giovare al LPP. In conclusione, la terapia del LPP è spesso multimodale: steroidi topici/iniettivi + antimalarici ± retinoidi-dapsone-immunosoppressori a seconda della risposta .
Istopatologia: Il lichen planopilaris presenta il quadro tipico di una follicolite lichenoide. L’istologia mostra un infiltrato infiammatorio principalmente linfocitario orientato attorno alle porzioni superiori del follicolo pilifero (infundibolo e istmo, sede del bulge) – i linfociti formano un “banda lichenoide” che attacca la guaina esterna del follicolo, con degenerazione vacuolare delle cellule basali follicolari, analogo a quanto avviene nell’epidermide nel lichen planus . Spesso si vedono corpi colloidi (corpi di Civatte) nelle guaine follicolari, espressione di cheratinociti necrotici. L’infiltrato può estendersi alla ghiandola sebacea, che viene distrutta precocemente (la perdita delle ghiandole sebacee è un marker istologico di LPP). Non c’è mucina significativa (differenza col lupus). L’epidermide interfollicolare è in genere normale o solo minimamente coinvolta (a differenza del lupus, dove c’è dermatite DEJ). L’infiltrato può includere alcune plasmacellule e istiociti, ma dominano i T linfociti. Nei follicoli affetti, la membrana basale appare segmentalmente distrofica, non c’è deposito immunocomplessi come nel lupus (IFD di solito negativa nel LPP o solo fibrina focale). Col progredire della malattia, i follicoli vengono distrutti e sostituiti da fibre collagene: nelle sezioni trasversali tardive si vedono i “blu aspetti a occhio di bue” di fibroplasia concentrica al posto dei follicoli, con deposito di collagene e perdita totale di strutture follicolari (cicatrice). Il muscolo piloerettore può restare come strutture sclerotiche attaccate a nulla, come in altre cicatriziali. Gli elastina-staining evidenziano fibre elastiche arricciate (“elastosi a spirale”) attorno alle cicatrici. Non raramente, il LPP tardivo appare identico alla pseudopelade di Brocq istologicamente: fibrosi dermica e scarso infiltrato. Un aspetto interessante: in sezione orizzontale, i follicoli colpiti dal LPP possono presentare un infiltrato a distribuzione perinfundibolare (a “corona” attorno all’infundibolo). Differenze con lupus istologicamente: LPP ha meno coinvolgimento epidermide, più focalizzato al follicolo; meno mucina; immunofluorescenza diretta negativa per deposizione lineare di Ig (nel lupus spesso positiva); talora presenza di eosinofili nel LPP (soprattutto in alopecia frontale fibrosante) – in generale, lupus e LPP possono essere difficili da distinguere se non consideri immunoistochimica e clinica, ma l’esperto nota un infiltrato lupus più diffuso, con ipercheratosi follicolare marcatissima, spiccata atrofia, vs LPP infiltrato più denso intorno al follicolo e tappo meno accentuato.
Alopecia Frontale Fibrosante (FFA)
Quadro clinico: L’alopecia frontale fibrosante è considerata oggi una variante del lichen planopilaris che colpisce selettivamente la linea fronto-temporale dei capelli e altre aree pilifere del volto. È stata descritta da Kossard nel 1994 e da allora i casi sono in costante aumento. Colpisce quasi esclusivamente donne, soprattutto in post-menopausa (circa + del 80% dei casi, età media esordio 55-65 anni) , benché raramente possa vedersi in donne giovani o uomini. Il quadro tipico è una recessione simmetrica dell’attaccatura frontale: la hairline arretra progressivamente verso l’alto, in modo lineare a “banda” sul frontale e sulle tempie, lasciando una zona glabra cicatriziale dove la cute appare pallida, liscia, con assenza totale di follicoli . Spesso è evidente la perdita delle sopracciglia (uno dei segni precoci comuni): le sopracciglia diventano sottili o scompaiono completamente, spesso prima ancora che la perdita di capelli frontale sia marcata. Anche i peli del corpo possono essere colpiti in alcune (ad es. alopecia ascellare, pubica) – alcune pazienti notano riduzione dei peli degli arti spontaneamente. Sul margine frontale residuo, al confine dell’alopecia, si possono osservare segni infiammatori modesti: ipercheratosi perifollicolare attorno ai capelli terminali superstiti e lieve eritema attorno ad essi, soprattutto nelle prime file di capelli . Un segno clinico caratteristico è l’assenza di qualunque vellus nell’area frontale: la cute colpita appare glabra e “lucida” perché i piccoli peli vellosi (quelli che di solito si vedono controluce sul volto) sono spariti – segno che la malattia ha colpito anche i follicoli pilari miniaturizzati. Spesso restano qualche “lonely hair” isolato nella zona glabra (capelli residui sparsi). La FFA è di solito insidiosa: le pazienti se ne accorgono quando la fronte appare “più alta” del solito o quando il dermatologo nota la perdita sopracciglia. I sintomi variano: alcune riferiscono prurito o bruciore nell’area frontale, altre niente di che. Oltre alle sopracciglia, anche le ciglia possono diradarsi, sebbene meno frequentemente. In alcuni casi di FFA avanzata, la recessione frontale è molto marcata (oltre 5 cm), con alopecia completa di tutto il bordo fronto-temporale e regioni retroauricolari, conferendo un aspetto caratteristico (come se il paziente avesse una fronte gigante e tempie glabre). A differenza dell’AGA, la FFA risparmia i capelli dietro la linea affetta: spesso subito oltre la zona di alopecia frontale i capelli sono normali di densità (mentre nell’AGA la transizione è graduale). Va notato che la FFA può coesistere con AGA in donne predisposte (due processi concomitanti). Altro segno descritto: papule follicolari facciali, soprattutto nella regione temporale o guance, che corrispondono ad un lichen planus follicolare su peli del viso (es. lievi su guance) associato alla FFA. La FFA è considerata “epidemica” in alcuni paesi occidentali, con ipotesi ambientali (ad es. possibile ruolo di cosmetici, creme solari chimiche su fronte, ecc., ma nulla di confermato).
Diagnosi differenziale: La FFA può ricordare inizialmente un’alopecia androgenetica femminile se ci si concentra sull’attaccatura alta; tuttavia, nell’AGA femminile classica l’attaccatura è mantenuta e il diradamento è dietro di essa, mentre nella FFA l’attaccatura arretra e dietro il resto dei capelli può essere normale (se non coesiste AGA). Inoltre nella FFA mancano i segni di miniaturizzazione, e vi sono gli altri indizi (sopracciglia perse, ipercheratosi focale). Un’altra confusione potrebbe avvenire con alopecia da trazione: come discusso, la trazione produce recessione frontale simile, ma tipicamente in donne giovani con acconciature strette, e spesso rimane un “fringe” di baby hair frontale, mentre nella FFA l’attaccatura è netta e senza fringe residua, e troviamo segni infiammatori. Anche un lupus eritematoso subacuto localizzato frontale potrebbe raramente imitare (ma di solito lupus fa placche discroidi isolate, non una banda continua). Dermatite seborroica o psoriasi frontale possono dare hairline “mangiata” dall’infiammazione, ma quelle non distruggono i follicoli, e presentano squame diffuse, non un’alopecia netta. L’associazione con LPP è diretta – in realtà se vedi FFA, pensi “è un LPP localizzato frontale”, e all’istologia conferma.
Dermoscopy: La tricoscopia della FFA riflette i medesimi segni del LPP, ma con pattern peculiari per la regione frontale. Si osserva nel margine affetto (zona di transizione fra capelli e alopecia): assenza di vellus (nessun pelo sottile intermedio – questo è un importantissimo segno dermoscopico, correlato al fatto che la malattia ha colpito anche i vellus) . Si vedono follicoli singoli con 1 capello per ostio predominanti in quell’area di transizione, perché la malattia ha distrutto gli altri capelli delle unità follicolari multiple . Molti osti appaiono vuoti (perdita di capelli) già nel margine. Attorno ai capelli terminali rimasti, tipicamente i primi 1-2 cm nella hairline, si notano ipercheratosi perifollicolare (piccoli collarini di squama biancastra) e eritema perifollicolare (alone rosso attorno all’ostio) . Tali segni sono considerati indicatori di attività di malattia. Di solito c’è un background bianco avorio nella zona appena dietro la hairline attiva: ciò corrisponde alla fibrosi precoce in fase di formazione (stadio “early fibrotic”) . Col progredire, la zona fibrotica diventa lucida e compaiono punti bianchi assenza di ostio al posto dei follicoli persi. Un segno definito nella FFA è il “red dots pattern” regolarmente distribuito sulla zona colpita: sono piccolissimi puntini rossi omogenei nella regione glabra – si pensa corrispondano a residui ostiali infiammati oppure a vasi punteggiati (uno studio li segnala come frequenti, e possono confondersi con quelli dell’alopecia areata incognita, ma in FFA compaiono più regolari e con altra clinica) . Si possono vedere anche punti grigi simili a LPP se c’è pigmento incontinente. Nelle sopracciglia, la dermoscopia rivela spesso chiazze giallo-rosate con pochi peli frammentati e “tubicini” di cheratina attorno ai residui piliferi – un pattern definito utile a distinguere la caduta FFA da alopecia areata delle sopracciglia . In sintesi, la dermoscopia FFA evidenzia: capelli isolati residui (“lonely hairs” al margin), assenza di vellus, ipercheratosi+eritema perifollicolare margin a, sfondo bianco fibrotico, perdita di osti avanzando .
Terapia: L’alopecia frontale fibrosante viene trattata in modo simile al LPP, con alcune considerazioni particolari. Innanzitutto, trattandosi prevalentemente di donne post-menopausa, si è ipotizzato un ruolo ormonale: pertanto oltre a steroidi e antimalarici, spesso si aggiungono terapie anti-androgene. Il regime comune: steroidi topici superpotenti o inibitori della calcineurina topici (tacrolimus unguento) lungo l’attaccatura frontale, per ridurre l’infiammazione superficiale, insieme a infiltrazioni intralesionali di triamcinolone nelle zone eritematose al margine. In parallelo, un antimalarico (idrossiclorochina 200 mg 2xdie) per 6-12 mesi è il sistemico di prima linea anche qui; molti riferiscono buon controllo di prurito e riduzione eritema con idrossiclorochina, e in circa 1/3 dei casi arresto della progressione. Se idrossiclorochina è controindicata o inefficace, spesso in FFA si aggiunge un antiandrogeno: finasteride 2.5 mg o 5 mg al giorno (off-label) o dutasteride (0.5 mg, magari 1 cps a settimana oppure quotidiano). Studi (in particolare spagnoli) suggeriscono che la dutasteride a basso dosaggio sia efficace nell’arrestare la progressione di FFA in molte pazienti (forse per effetto sul recettore androgeno nei follicoli – c’è ipotesi che FFA abbia un trigger ormonale). Altri possibili immunomodulatori: isotretinoina a basso dosaggio (20 mg/die) ha mostrato efficacia in alcune serie (riduce l’ipercheratosi e la componente sebo, e modulerebbe i toll-like). Metotrexato 10-15 mg/sett può essere utile in FFA quando c’è anche lichen planus cutaneo o scarsa risposta ad antimalarici. Anche la pioglitazone (un anti-DM PPAR-gamma agonista) è stata testata, con l’idea che la FFA possa coinvolgere vie lipoperox (il PPAR-gamma è ridotto nel LPP); alcuni studi piccoli danno risultati misti. Casi refrattari: si è provato con micofenolato, ciclosporina, tofacitinib (quest’ultimo con qualche report di successo nelle sopracciglia e hairline). La FFA di solito è lentamente progressiva per qualche anno e poi tende alla stabilizzazione; l’obiettivo è frenare l’avanzata prima che arretri troppo. La perdita delle sopracciglia spesso è irreversibile: per rimediare, si può proporre microblading o tatuaggio estetico delle sopracciglia oppure trapianto di peli (ma se la malattia è attiva, il trapianto rischia di non attecchire). Riguardo le papule facciali (le cosiddette “facial papules of FFA”), se presenti e esteticamente rilevanti, rispondono al trattamento topico con retinoidi o ivermectina crema (per escludere anche demodex). La fotoprotezione e limitare cosmetici potenzialmente irritanti è prudente (anche se il nesso con creme solari è controverso). In generale, il management di FFA è lungo: si tengono i pazienti in terapia sistemica per almeno 1-2 anni e se stabilizzati si valuta di scalare. La remissione completa clinica è rara; più spesso si ottiene stabilità (nessuna ulteriore recessione per 6-12 mesi) e allora il mantenimento può essere con minime terapie topiche o niente. Se permane un difetto estetico importante (ampia fronte), a malattia spenta per oltre 1 anno si può fare un trapianto di unità follicolari dall’occipite per ricostruire la linea frontale: i risultati variano e c’è sempre il rischio di attivare di nuovo la malattia dal trauma, perciò va ponderato caso per caso.
Istopatologia: L’FFA al microscopio è indistinguibile dal lichen planopilaris classico. Trova le stesse caratteristiche: infiltrato lichenoide perifollicolare nella porzione superiore del follicolo, vacuolizzazione basale, distruzione del bulge. Una caratteristica riportata è una presenza leggermente maggiore di infiltrato istiocitario e talora di eosinofili nel contesto linfocitario rispetto al LPP classico – come se fosse un po’ più “misto” (questo spiegherebbe forse le papule facciali che possono somigliare a rosacea). Inoltre, è comune trovare infiltrato anche attorno a piccoli follicoli vellus nella zona frontale – correlato alla perdita dei vellus. La fibrosi è presente in strato superficiale dermico frontale. Insomma, l’istopatologo normalmente legge “alopecia cicatriziale lichenoide” e clinica e sede definiscono che è FFA. Dato che spesso la FFA viene biopsiata a malattia avanzata, può capitare che l’infiltrato sia scarso e resti solo fibrosi (la diagnostica differenziale con pseudopelade in quei casi è impossibile istologicamente). Un reperto colturale: studi immunohisto hanno evidenziato depositi di IgM attorno ai vasi superficiali in FFA e LPP (non specifici). Nel complesso, l’istologia di FFA = LPP.
Pseudopelade di Brocq
Quadro clinico: La pseudopelade di Brocq (PPB) è un’entità storica che indica un’alopecia cicatriziale idiopatica caratterizzata da chiazze alopeciche atrofiche di forma irregolare, spesso descritte come “impronte sulla neve” (footprints in the snow) per la loro forma bizzarra e i contorni indefiniti. Colpisce prevalentemente donne adulte, con decorso lentamente progressivo. Clinicamente, la PPB presenta piccole chiazze glabre bianche, di pochi centimetri, che si allargano gradualmente e confluiscono con altre, determinando aree alopeciche più grandi. La cute nelle zone colpite è liscia, morbida, atrofica, priva di osti follicolari visibili, e non mostra eritema o squame evidenti. Non ci sono sintomi (paziente asintomatico) né segni di infiammazione attiva. È come se fosse un’alopecia cicatriziale “bianca” spenta. Di solito interessa il vertice e la sommità del capo, con chiazze multiple asimmetriche. La pseudopelade è definita “di Brocq” quando è considerata primaria idiopatica, ma in molti casi la PPB potrebbe rappresentare lo stadio avanzato di altre alopecie (LPP, lupus). Storicamente c’è dibattito: alcuni ritengono che la pseudopelade idiopatica esista come malattia a sé, altri che sia sempre la fine cicatriziale di qualcos’altro (pseudopelade come pattern end-stage). Dal punto di vista pratico, quando ci troviamo di fronte a chiazze cicatriziali bianche senza segni attivi, e non troviamo elementi tipici di lupus o LPP (clinici o istologici), viene classificato come pseudopelade. Il decorso tende a stabilizzarsi dopo aver creato varie zone alopeciche. Non ci sono manifestazioni extracefaliche (diversamente dal lupus o lichen che hanno segni altrove).
Diagnosi differenziale: Essenzialmente coincide con le alopecie cicatriziali attive: la pseudopelade differenziale sta con lupus discoide inattivo o LPP inattivo. In lupus discoide guarito, di solito rimangono chiazze cicatriziali con iperpigmentazione residua; nella pseudopelade tipica la pigmentazione è uniforme color carne/biancastra. Anche nel lupus guarito spesso persistono cheratosi follicolari ostruiti qua e là, mentre la PPB appare glabra liscia. Nel LPP burnt-out, la differenza è minima: la PPB sarebbe un LPP guarito ma a pattern patchy geografico. Per questo molti considerano la PPB come un pattern clinico di fine di vari processi. Un altro diffeR potrebbe essere l’alopecia cicatriziale da sclerodermia en coup de sabre (che dà placche alopeciche bianche lineari, ma lì la pelle è indurita, non morbida come in PPB). Oppure esiti di infezioni (ma di solito hanno cicatrici atrofiche diverse).
Dermoscopy: La dermoscopia riflette la condizione inattiva. Si osservano aree bianche porcellana senza osti (white ivory structureless areas) dove i follicoli sono completamente persi. Ai margini delle chiazze, se c’è ancora qualche follicolo residuo, potrebbero vedersi lievi segni come per LPP inattivo – ad es. qualche hair tuft (due peli in uno), isolati capelli solitari, puntini pigmentari sparsi. Ma in generale, nessun segno di infiammazione attiva (niente squame periferiche, niente eritema). Questo la differenzia dalla tricoscopia di LPP attivo o lupus. Può esserci un pattern reticolato di pigmentazione lieve attorno alle cicatrici (aspetto a rete marroncina debole, forse residuo di melanina). Nella maggior parte appare solo come una pseudorete di aree bianche e punti giallastri (follicoli vuoti atrofici). L’assenza di particolari tricoscopici distintivi è essa stessa un segno (escludendo altri che li hanno).
Terapia: Purtroppo, quando si identifica una pseudopelade di Brocq pura, non ci sono terapie efficaci poiché non c’è più infiammazione da spegnere e i follicoli sono già distrutti. Se si sospetta che la PPB sia fase avanzata di LPP o lupus ancora minimamente attivo, si potrebbe tentare comunque una terapia antinfiammatoria (steroidi topici o antimalarici) per sicurezza. Ma nella PPB classica, la strategia è: osservare e rassicurare – la malattia di solito si esaurisce spontaneamente dopo aver formato un certo numero di chiazze (non è sistemica né progressiva all’infinito). Non esiste modo di far ricrescere i capelli persi. L’unica opzione per recuperare i capelli in quelle aree è la chirurgia: se le chiazze sono delimitate e la malattia è dormiente per almeno 1-2 anni, si può considerare autotrapianto di capelli nelle zone glabre. Il successo dipende dalla vascolarizzazione e dal fatto che non vi sia residua infiammazione subclinica. Alcuni pazienti ne traggono giovamento. Alternativamente, si usano soluzioni cosmetiche: camouflage con polveri di cheratina, parrucche, ecc. Il supporto psicologico può essere utile se l’impatto estetico è importante. In sintesi, la PPB in fase “attiva” (se esiste) verrebbe trattata come LPP (sterodi, antimalarici), ma in fase residua la terapia medica è inutile, quindi focus su aspetto estetico e monitoring.
Istopatologia: Nella pseudopelade di Brocq, l’istologia dipende dallo stadio. Nelle chiazze conclamate stabili, l’istologia mostra solo fibrosi dermica che sostituisce i follicoli, con poche o nessuna cellula infiammatoria attiva. I fasci di collagene possono presentare un orientamento “a tappeto” orizzontale nel derma papillare e verticale nel derma reticolare dove c’erano i follicoli, e spesso c’è preservazione dell’arrector pili isolato in mezzo alla cicatrice (segno di alopecia cicatriziale). L’epidermide è normale o lievemente atrofica. Possono residuare melanofagi scarsi e lievissima perivasculite linfoide superficiale (aspecifica). In stadi relativamente più precoci di PPB, alcuni autori hanno riscontrato un infiltrato linfocitario tenue e granulomi a cellule epitelioidi lungo i tratti fibrosi ex-follicolari . Medscape citava per la PPB idiopatica la presenza di fibrosi dermica eosinofila e fibre elastiche retratte e possibili granulomi nel tratto fibroso con elastofagocitosi (questo a volte appare anche nel LPP tardivo) . In pratica, l’istologia di PPB tardiva è quella di un’alopecia cicatriziale burnt-out, che appare identica a LPP burnt-out o lupus burnt-out (difficile differenziare se non c’è qualche segnale come depositi Ig o mucina). Per tal motivo, il patologo spesso dice “alopecia cicatriziale linfocitaria” e starà al clinico dire se è LPP guarito, lupus guarito, o idiopatica PPB. Se si riesce a biopsiare una lesione di PPB in espansione (non facile perché se è in espansione dovrebbe avere segni e quindi non sarebbe più “PPB idiopatica”, forse LPP), si troverebbe probabilmente un pattern lichenoide ridotto o un mix di caratteristiche. Insomma, l’istologia può escludere un lupus (band lupus? mucina?), se non li trova e vede solo fibrosi, propendi per PPB o LPP burnt-out. La distinzione ultimamente è accademica, tant’è che molti refertano come “pseudopelade pattern of scarring alopecia”.
Alopecie Cicatriziali Neutrofile
Questo gruppo comprende alopecie dove l’infiltrato infiammatorio predominante è neutrofilo, con frequente componente suppurativa (pustole, ascessi) e spesso sovrainfezione batterica. Le principali sono la follicolite decalvante e la cellulite dissecante del cuoio capelluto; altre incluse sono la follicolite perifollicolare innominata (tufted folliculitis, considerata da alcuni variante di follicolite decalvante) . Queste condizioni a volte vengono anche raggruppate come “tiad del follicolo pilosebaceo”, includendo la cellulitis dissecante, l’idrosadenite suppurativa e l’acne conglobata, che condividono patogenesi di occlusione follicolare.
Follicolite Decalvante
Quadro clinico: La follicolite decalvante (FD) è un’alopecia cicatriziale suppurativa caratterizzata da pustole follicolari recidivanti che portano a distruzione dei capelli e formazione di cicatrici alopeciche. Colpisce più spesso adulti giovani o di mezza età, con leggera prevalenza maschile. Tipicamente interessa la zona vertex e occipitale del cuoio capelluto , ma può diffondersi. Clinicamente, nelle fasi iniziali si notano pustole follicolari puntiformi e croste giallastre aderenti attorno ai follicoli piliferi, spesso raggruppate. Queste pustole si presentano a “ondate” su aree circoscritte; i capelli in mezzo alle pustole possono cadere, lasciando chiazze alopeciche atrofiche. Con il tempo, si sviluppano chiazze alopeciche cicatriziali contornate da nuovi focolai di pustole attive. Un segno caratteristico della FD è il “ciuffo di bambole” (tufting): in aree di cicatrizzazione attiva, da uno stesso ostio dilatato emergono ciuffi di 5-20 capelli (polytrichia) vicini come un pennello . Ciò è dovuto alla fusione di più unità pilosebacee vicine nel processo cicatriziale. Il tufting conferisce un aspetto peculiare: sembra che i capelli residui crescano a ciuffetti su uno sfondo glabro. Attorno a questi ciuffi spesso c’è un alone di squamo-croste giallastre e la cute circostante può essere arrossata. Altro segno clinico: con l’evolvere, le chiazze alopeciche assumono margini irregolari con piccoli foruncoli e crosticine sparse. Possono essere presenti prurito, dolore o bruciore localmente. A volte il paziente lamenta secrezione purulenta sul cuscino la mattina (se ha molte pustole). La FD è associata spesso alla presenza di Staphylococcus aureus nelle colture delle pustole , ma non è una semplice follicolite batterica: di solito richiede predisposizione e la risposta a antibiotici è parziale. La malattia tende a essere cronica con fasi di quiescenza e riacutizzazioni.
Diagnosi differenziale: La FD va distinta dalla cellulite dissecante (Hoffman) che è più profonda: nella FD classica abbiamo pustole superficiali e cicatrici piatte; nella cellulitis dissecante abbiamo noduli fluttuanti e fistole drenanti (vedi dopo). Inoltre, la FD colpisce soggetti di qualsiasi etnia, mentre la dissecante quasi solo maschi afro. Va distinta anche da un’impetigine pustolosa del cuoio capelluto (che però di solito non lascia cicatrici se trattata, e non ha tufting). Un lupus pustoloso (lupus tumido con follicolite secondaria) è raro, ma lupus di solito ha segni discoidi. Acne necrotica varioliforme presenta pustole e croste ma tipicamente sul scalp anteriore e lascia cicatrici puntiformi non a ciuffi. La dermatite esfoliativa pustolosa del cuoio capelluto (erosive pustular dermatosis) colpisce anziani con zone di atrofia e croste, ma di solito succede in aree alopeciche preesistenti (trauma, chirurgia) e non dà tufting. Un LPP con follicolite secondaria potrebbe confondere, ma LPP non ha grosse pustole e non mostra tufting; la presenza di tuft hair e colturale S.aureus orientano su FD.
Dermoscopy: La tricoscopia nella FD evidenzia segni di suppurazione e cicatrizzazione combinati. Segno diagnostico è il tuft: si vedono ciuffi di 5 o più fusti emergere da un unico ostio dilatato, circondati da scaglie giallastre (costituite da pus secco e cheratina) . Spesso il tuft appare come un “doll’s hair” (capelli di bambola) con decine di fusti insieme . Intorno a questi, si notano aree bianche stellate (il cosiddetto “starburst sign”) che rappresentano zone di fibrosi peripilare radiale attorno ai ciuffi . Si osservano anche pustole vere e proprie: al dermoscopio appaiono come raccolte gialle translucide attorno o al posto dei follicoli. Croste giallo-marroni che coprono osti sono comuni. Altri segni: aree bianche e rosso-latte senza osti (cicatrici tardive) disseminate tra i tuft . Possono esserci vasi a ciuffo (concentrici attorno ai follicoli attivi) e capelli spezzati e vellus sparsi . Il quadro è molto caratteristico, specie per la presenza di multiple ciocche in un singolo ostio + elementi infiammatori. Nessun’altra alopecia cicatriziale presenta quell’estremo polytrichia.
Terapia: La terapia della follicolite decalvante è impegnativa. Poiché lo Staph aureus sembra coinvolto, si utilizzano antibiotici prolungati. Le combinazioni di scelta includono rifampicina + clindamicina per 8-12 settimane , che in studi hanno mostrato remissione in molti pazienti. Un’alternativa è bactrim (trimetoprim/sulfametoxazolo) a lungo termine. Anche le tetracicline (doxiciclina 100 mg/die o minociclina) per diversi mesi possono controllare la suppurazione grazie all’effetto antinfiammatorio . Spesso gli antibiotici riducono pustole e dolore ma non sempre fermano la progressione. Corticosteroidi intralesionali (triamcinolone) in aree molto infiammate possono aiutare a placare la reazione. A livello topico, si usano lozioni antibiotiche/antiseborroiche (clindamicina, eritromicina topica, perossido di benzoile) e steroidi in lozione per diminuire l’infiammazione di superficie. Nei casi resistenti, un’opzione è isotretinoina orale a dosi moderate (0,3-0,5 mg/kg) per 6-12 mesi: l’isotretinoina può ridurre la secrezione sebacea (Staph aureus prolifera meno) e l’occlusione, e alcuni studi riportano remissioni prolungate con isotretinoina. Un altro farmaco impiegato è la dapsone (50-100 mg/die) per l’effetto anti-neutrofilico, con risultati variabili. Ci sono segnalazioni di successo con biologici anti-IL-1 (come anakinra) in forme severe di alopecie suppurative, data l’analogia con HS, ma sono aneddotiche. La cura finale (eradicazione) è rara: l’obiettivo realistico è mantenere quiescente la malattia (niente nuove pustole) e prevenire estensioni. Quando la malattia è quieta, i residui tuft scars non migliorano da soli: se c’è necessità estetica e la zona è stabile per oltre 1 anno, si può considerare rimuovere chirurgicamente le cicatrici (escissione) o hair transplant (ma su cicatrici attive alt rischio). Un metodo a volte usato in tufting localizzato è il laser epilazione: rimuovendo i capelli residui si riduce l’infiammazione (perché il target, il follicolo, viene distrutto in maniera controllata dal laser e l’infezione non ha sede). Questo porta però a alopecia definitiva nelle zone trattate (ma già c’è alopecia cicatriziale…). E’ da considerare se la suppurazione persiste in un piccolo focus di tuft. Il supporto al paziente dev’essere anche psicologico: l’andamento cronico e la natura “sgradevole” di pustole e croste sul capo possono essere stressanti.
Istopatologia: L’istologia della follicolite decalvante mostra un tipico quadro di follicolite suppurativa. In fasi attive si vede un infiltrato denso di neutrofili all’interno e attorno al follicolo pilifero (microascessi follicolari). Spesso il follicolo è dilatato e pieno di pus e cheratina. Può esserci rottura della parete follicolare con rilascio di cheratina e peli nel derma, che evocano una reazione a corpo estraneo con cellule giganti e granulomi. Nel derma intorno ci sono anche linfociti e plasmacellule (componenti croniche). In genere la suppurazione è più superficiale (infundibolo e istmo) rispetto alla cellulitis dissecante che colpisce anche il follicolo profondo. I follicoli colpiti vengono distrutti lasciando tratte fibrosi. Un reperto caratteristico possono essere i “tuft” anatomici: diversi follicoli adiacenti mostrano orifizi coalescenti in superficie, ed all’istologia questo appare come tratti fibrosi contigui che condividono aperture comuni. Non c’è un pattern lichenoide attorno al follicolo (differenziandola dal LPP). In pratica, l’istologia appare simile a foruncolosi stafilococcica del cuoio capelluto, con l’unica differenza che in FD di solito c’è fibrosi e rigenerazione aberrante (tuft). Si possono a volte colorare colonie di Staph nei follicoli (Gram o PAS per biofilm). Con la progressione, i lobuli delle ghiandole sebacee scompaiono (possono essere divorati dall’infiammazione). Nelle fasi tardive l’istologia rivela una dermite cronica con cicatrici: fasci di collagene sostituiscono i follicoli, magari con qualche granuloma residuo. A margini, un infiltrato misto con neutrofili attivi indica attività residua. A differenza di HS o cellulitis dissecante, di solito non si vedono grosse cisti o tratti sinusali, a meno di stadi molto avanzati (talora FD e cellulitis dissecante possono coesistere, definendo forme sovrapposte). Una curiosità: negli stadi avanzati, l’epidermide su cicatrice di FD può presentare iperplasia e “spine epiteliali” che si curvano formando orifizi multipli uniti, da cui i ciuffi – un fenomeno di rigenerazione incompleta.
Cellulite Dissecante del Cuoio Capelluto (Perifolliculitis capitis abscedens et suffodiens)
Quadro clinico: La cellulite dissecante (anche detta morbo di Hoffman) è la forma più grave di alopecia cicatriziale neutrofila. Colpisce quasi esclusivamente uomini giovani di etnia afro-caraibica (15-40 anni), spesso associata ad altre manifestazioni di follicular occlusion tetrad (acne conglobata, hidradenitis suppurativa, sinus pilonidalis) . Clinicamente esordisce con noduli sottocutanei dolenti sul cuoio capelluto, spesso in regione occipite-vertex. Questi noduli infiammatori profondi aumentano di dimensione e confluiscono formando placche tumefatte; al loro interno si creano raccolte purulente che fistolizzano in superficie tramite tragitti sinuosi, drenando pus sanguinolento. Si possono palpare tratti fluttuanti e fistole multiple che si aprono sulla cute con orifizi da cui esce secrezione purulenta densa. I capelli sulle aree colpite vengono distrutti: la guarigione avviene con estese cicatrici retratte e aree alopeciche. Frequentemente la nuca e vertice assumono un aspetto deturpante, con cicatrici ipertrofiche ponti fibrosi e zone di alopecia. A differenza della FD, qui il processo è molto più profondo e devastante, e non si osserva tufting caratteristico (perché i follicoli vengono distrutti in blocco). Piuttosto, come esiti ci sono cicatrici cheloidee in alcuni punti e aree depresse in altri, con cute molto irregolare. La condizione è dolorosa; possibili sintomi sistemici (malessere, febbricola) nelle fasi suppurative intense. Spesso coesistono segni di acne severa su volto/torace e hidradenitis suppurativa ascellare o inguinale, definendo la tetrade. Il decorso è cronico e difficile da trattare, portando a estese alopecie cicatriziali.
Diagnosi differenziale: In genere la presentazione è tipica in un giovane uomo di colore con noduli fluttuanti, quindi differenziare da FD non è difficile: la FD ha quell’aspetto più superficiale con pustole e tuft in un contesto meno drammatico; la cellulitis dissecante ricorda piuttosto un carbuncle diffuso sullo scalpo. Potrebbe ricordare una infezione micotica profonda (kerion) ma il kerion succede per lo più nei bambini e di solito è singolo, e guarendo in settimane con terapia antifungina, mentre la dissecante peggiora e persiste. Anche lesioni di acnee fulminans sul cuoio capelluto (rare) vanno considerate, ma quelle sarebbero concomitanti a sintomi sistemici e altre localizzazioni. Fondamentalmente, la cellulitis dissecante è unica nel suo genere sullo scalpo.
Dermoscopy: Non è molto utilizzata perché la lesione è in gran parte sottocutanea; su eventuali aperture si può vedere pori dilatati con gruppi di peli “floating” nella secrezione, prima che cadano. Potrebbero vedersi anche capelli in ciuffi instabili e cute violacea. Francamente, la dermoscopia è poco utile: meglio la palpazione e la vista diretta dei tragitti.
Terapia: La gestione è simile a quella dell’hidradenitis suppurativa di alto grado. Innanzitutto, isotretinoina orale ad alte dosi (0.5-1 mg/kg) per almeno 6-12 mesi è considerata il trattamento di prima linea in letteratura, con remissione in circa 70-80% dei pazienti . Spesso la isotretinoina porta a riduzione drastica di nuovi noduli e drenaggi; tuttavia recidive non sono rare dopo sospensione. In aggiunta o in alternativa, data l’analogia con HS, vengono impiegati antibiotici sistemici (tetracicline, rifampicina+clindamicina, dapsone) a lungo termine per controllare l’infezione e l’infiammazione. Nei casi resistenti, si possono provare i biologici: anti-TNF come infliximab o adalimumab (riportati efficaci in serie di casi, specie se c’è HS concomitante). Altre opzioni includono i corticosteroidi sistemici a dosi moderate per ridurre l’infiammazione acuta (non risolutivi a lungo termine). Dall’esperienza su HS, anche antiandrogeni (nei maschi non usati, ma negli HS femmine a volte spironolattone aiuta, qui la maggioranza sono maschi). La chirurgia trova indicazione in casi localizzati: ad esempio, se c’è un conglomerato ascessuale circoscritto, si può fare un’escissione chirurgica ampia dell’area colpita fino all’aponeurosi, seguita da innesto di cute o lasciare seconda intenzione. Questo rimuove completamente i tragitti fistolosi e può guarire la regione (al prezzo di alopecia in quell’area, ma era già alopecica/atrofica). In alcuni casi estremi si è proceduto a rimuovere gran parte dello scalpo coinvolto e coprirlo con un free flap o espansore, per eradicare la malattia, ma sono procedure complesse. Data la giovane età dei pazienti e la difficoltà di guarigione, il supporto psicologico è importante. Ovviamente, si trattano anche le altre manifestazioni (acne conglobata con iso, HS con biologici se serve). Dopo remissione, se restano difetti cosmetici e il paziente lo desidera, si può valutare ricostruzione chirurgica o trapianto di capelli su cicatrici (spesso sconsigliato se c’è rischio recidiva, e su cicatrici estese i risultati sono scarsi).
Istopatologia: L’istologia della cellulitis dissecante mostra infiltrati infiammatori profondi che coinvolgono tutto l’annesso pilo-sebaceo e il tessuto sottocutaneo. Vi sono ascessi dermici e subcutanei contenenti neutrofili, con rottura di follicoli. Presenti anche granulomi da corpo estraneo massivi attorno a fibre di pelo e cheratina libere. I tragitti fistolosi appaiono come rivestimenti epiteliali invaginati nel derma con infiammazione intorno (simile a HS). A differenza della FD, la componente suppurativa è a livello profondo (follicoli secondari e tessuto adiposo), i lobuli delle ghiandole apocrine (che sul cuoio capelluto non sono come in ascelle ma ci sono apocrine rudimentali) possono essere coinvolti. In generale, l’istologia somiglia a quella di un acne nodulo-cistica gigante o di una hidradenitis. Non c’è un pattern perinfundibolare lichenoide come nelle linfocitarie. Lo stadio attivo mostra ampie aree di necrosi e pus, e uno stroma fibro-vascolare di riparazione. Lo stadio cronico guarito rivela grandi bande fibrose e possibili cisti epiteliali residue e granulomi carichi di detriti, come in HS cicatrizzata. In sintesi, l’esame microscopico conferma un processo di “follicoli multipli con rottura e confluenza di ascessi” molto più esteso rispetto alla follicolite decalvante puntiforme.
Alopecie Cicatriziali Miste
In queste alopecie cicatriziali l’infiltrato infiammatorio include sia linfociti che neutrofili (talora eosinofili e plasmacellule), senza chiara predominanza, oppure varia a seconda della fase. Appartengono a questo gruppo l’acne keloidalis nuchae (folliculite cheloidea), l’acne necrotica varioliforme e l’erosive pustular dermatosis of the scalp (dermatosi pustolosa erosiva). Sono condizioni abbastanza eterogenee.
Acne Keloidalis Nuchae (Folliculitis keloidalis)
Quadro clinico: L’acne cheloidale della nuca è un processo cronico che colpisce quasi esclusivamente uomini (raramente donne) di etnia afro (capelli crespi), a partire dall’adolescenza/giovinezza. Si presenta con piccole papule follicolari eritematose localizzate sulla nuca e margine occipitale inferiore dei capelli. Queste papule inizialmente sono simili a piccoli peli incarniti o foruncolini; col tempo, aumentando di numero e subendo traumi (spesso peggiorate da rasatura ravvicinata dei capelli), evolvono in lesioni papulo-nodulari fibrose. Le papule confluiscono formando placche cicatriziali rilevate di aspetto cheloideo, con superficie liscia e alopecica e punteggiata da osti dilatati. Tipicamente lungo l’attaccatura posteriore dei capelli (o subito sotto, sul collo) si nota una banda di tessuto cicatriziale rilevato su cui possono ancora essere presenti alcuni capelli spezzati. Le lesioni possono estendersi a tutta la nuca se non controllate. Il paziente lamenta prurito, irritazione; talvolta sovrainfezione porta a pustole e drenaggi. Il nome “acne keloidale” deriva dal fatto che inizialmente fu descritta come simile ad acne (papulo-pustole) che esita in cicatrici tipo cheloidi. Non è un vero cheloide spontaneo, ma piuttosto una risposta cicatriziale abnorme a una follicolite cronica. Fattori aggravanti includono traumi da colletto, attrito, rasature. Col tempo, la regione può presentare aree alopeciche cicatriziali spesse e noduli fibrosi isolati. Può coesistere con pseudofolliculitis barbae in chi si rade anche la barba (peli incarniti sulla barba). Anche con HS inversa in rari casi.
Diagnosi differenziale: L’acne keloidalis va distinta da: cheloidi idiopatici occipitali (ma questi di solito sono pochi, isolati, e non centrati su osti follicolari); dermatite papulosa persistente (non cicatriziale, es. prurigo simplex sul collo, che però non crea cicatrici cheloidi); follicolite decalvante tardiva (ma la localizzazione e l’aspetto cheloideo sono peculiari qui). Più importante è distinguerla dal lupus tumidus o sarcoidosi cutanea del cuoio capelluto che possono dare noduli occipitali fibrosi – ma di solito in questi casi mancano i puntini ostiali e la storia di papule infiammatorie; la biopsia risolve.
Dermoscopy: La tricoscopia mostra ostii dilatati con aggregati di peli (spesso 2-3) emergenti, circondati da alone fibroso rosa. Possono vedersi “doppie punte nere” a V se due peli emergono dal cheloide (simili al V-sign della tricotillomania ma qui in contesto cicatriziale). Anche puntini gialli (follicoli occlusi con sebo) e qualche telangectasia. Non c’è un pattern super specifico riportato in letteratura; si vedono essenzialmente segni di fibrosi (aree bianche) miste a segni di follicolite (pustole se attive). Purtroppo non comune l’uso di dermoscopia per AK.
Terapia: Poiché l’acne keloidalis è sostenuta da infiammazione follicolare e abnorme guarigione cicatriziale, il trattamento mira a ridurre entrambe. In fase iniziale (papule infiammatorie): antibiotici topici (clindamicina, eritromicina) e retinoidi topici (tretinoina) per ridurre la follicolite; steroidi topici o intralesionali per mitigare la reazione fibroblastica. Spesso si inietta triamcinolone 5-10 mg/mL nelle papule e placche per appiattirle. Se c’è prurito severo, un antistaminico aiuta. Evitare la rasatura o comunque evitare tagli eccessivamente corti: raccomandare al paziente di lasciare qualche mm di capelli sulla nuca (molti militari ne soffrono per via di tagli a zero). Infezioni secondarie trattarle con brevi cicli di antibiotici sistemici (doxy, macrolidi). Per papule isolate si può usare la crioterapia (spray o cryoprobe) per ridurle. In malattia stabile (cicatrici cheloidi non attive): l’opzione migliore è laserterapia: la rimozione permanente dei follicoli con laser Nd:YAG o diodo riduce i peli incarniti e la re-infiammazione, e contestualmente può appianare le cicatrici (il laser causa fototermolisi del pelo e un rimodellamento del collagene). Diversi studi su AK riportano buoni risultati con laser depilazione seriale. Per cheloidi grandi refrattari: escissione chirurgica seguita da radioterapia superficiale o iniezioni di steroidi post-chirurgia per prevenire recidiva, può essere tentata se localizzati. Alcuni hanno provato 5-FU intralesionale combinato a triamcinolone nelle placche fibrose con discreto ammorbimento. In casi di concomitante HS, i biologici anti-TNF possono portare beneficio anche sulla nuca (effetto anti-infiammatorio generale). Anche isotretinoina a basso dosaggio è riportata utile in ridurre l’attività. In parallelo, la cura dello scalpo: shampoo con perossido di benzoile, antiseborroici, e educare a non grattare né irritare la zona. Purtroppo è condizione cronica; scopo è evitare peggioramento e rendere lesioni meno visibili.
Istopatologia: L’acne keloidalis mostra inizialmente caratteristiche di follicolite cronica: infiltrato perifollicolare misto (neutrofili e linfociti), danno del follicolo con rottura e emissione di pelo nel derma. A questo segue una marcata reazione fibroblastica: si osservano fasci di collagene ispessiti e orientati verticalmente (tipo cicatrice ipertrofica) nella zona reticolare superiore, spesso attorno a residui di follicoli. Presenza di cellule giganti da corpo estraneo attorno a frammenti di pelo intradermici è comune. Possono essere visti tappi cornei residui e dilatazione di follicoli adiacenti. In stadi avanzati, l’epidermide mostra acantosi e iperpigmentazione basale (la zona cheloide appare scura clinicamente a volte), il derma papilare e reticolare contengono spesse bande di collagene che avvolgono gli annessi (questo appare come un vero cheloide microscopico ma con annessi inglobati). Non di rado, i margini delle lesioni attive presentano ancora infiltrato neutrofilo attorno ai follicoli (perpetuando la condizione). Si potrebbe definire l’AKN come una follicolite stafilococcica cronica complicata da cicatrizzazione cheloidea.
Folliculitis / Acne Necrotica (Acne Necrotica Varioliformis)
Quadro clinico: L’acne necrotica è una rara condizione infiammatoria del cuoio capelluto (ma può coinvolgere anche fronte) caratterizzata da piccole pustole o papulo-pustole folicolari che poi ulcerano e guariscono con cicatrici depresse varioliformi (simili a quelle da vaiolo). Colpisce adulti (30-50 anni) più spesso uomini, con predisposizione seborroica o derm atopica. Le lesioni iniziano come una sorta di follicolite centrata su follicoli pilosebacei del scalp, fronte o linea attaccatura. Si formano papule cupoliformi con puntina pustolosa; la parte centrale necrotizza lasciando una crosticina ematica. Le lesioni poi guariscono in 1-2 settimane lasciando una cicatrice rotonda, atrofica, ipopigmentata o leggermente infossata di pochi millimetri. Il paziente può averne numerose, con un aspetto a “grandine” sul scalp e parte superiore del volto. Spesso c’è prurito o dolore associato e tende a recidivare a ondate. Si distingue una forma “acne necrotica varioliforme” classica che è cicatriziale (quella descritta) e una “acne necrotica miliaris” con piccole pustole che però non cicatriziano (quest’ultima considerata da alcuni come semplice follicolite di cuoio capelluto). Non va confusa con l’acne conglobata: qui le lesioni sono molto più superficiali e piccole, ma esito cicatriziale c’è per via dell’ulcerazione centrale.
Diagnosi differenziale: Può sembrare un varicella se in fase acuta (ma varicella ha più diffusione e fasi diverse di lesioni), oppure un vasculite leucocitoclastica (ma quest’ultima non è strettamente follicolare). Follicolite decalvante differisce perché in FN non si formano chiazze alopeciche confluenti, e la tendenza cicatriziale è puntiforme. Anche acne di Majocchi (follicolite fungina) potrebbe sembrare, ma quella di solito ha un contesto micotico e non cicatrizza così.
Dermoscopy: Non ben descritto in letteratura, ma immaginabile: in fase attiva, pustole con alone rosso e centro necrotico. Dopo guarigione, piccole cicatrici bianche rotonde (white varioliform scars) punteggiate.
Terapia: Poiché si ritiene coinvolto lo Staph aureus e l’infiammazione, si trattano con antibiotici sistemici (tetracicline o macrolidi per settimane) e topici (clindamicina gel) e misure antiseborroiche. Talora respondono a isotretinoina (se molto recidivanti) a basso dosaggio. Steroidi topici possono ridurre l’infiammazione. Soprattutto, prevenire esiti: evitare di grattare per ridurre necrosi. Non c’è guideline chiara data la rarità. La varioliformis se ha cicatrici evidenti si possono trattare poi con laser frazionato o peeling per migliorarle.
Istopatologia: Mostra una follicolite suppurativa superficiale con necrosi centrale. Ci può essere trombosi di piccoli vasi (da qui la necrosi cutanea puntiforme). Nel derma c’è infiltrato neutrofilo e qualche eosinofilo. E’ come una piccola “acne varioliforme” con distruzione dell’infundibolo e epidermide sovrastante – difatti lascia poi un craterino. Niente di specifico se non la necrosi dell’epidermide centrale. A volte sono viste colonie di staph.
Erosive pustular dermatosis of the scalp (Dermatosi pustolosa erosiva)
Quadro clinico: L’EPDS è una condizione infiammatoria rara che colpisce soprattutto anziani (oltre 60-70 anni), tipicamente con storia di trauma, intervento, radiazione o danno solare cronico sul cuoio capelluto. Si manifesta come un’area erosiva e crostosa sul vertex o regioni alopeciche del cuoio capelluto, con pustole superficiali e croste giallo-verdi. Spesso insorge su un cuoio capelluto già calvo (es. dopo innesti, oppure su alopecia androgenetica avanzata). Clinicamente appare come una chiazza o più chiazze ricoperte di croste e sieropurulent exudate, leggermente estese sullo scalpo, che non guariscono facilmente e anzi lentamente allargano lasciando alopecia cicatriziale. L’aspetto è abbastanza drammatico, può esser confusa con un’infezione ma le colture risultano sterili. Può avere un decorso cronico-lentamente progressivo se non trattata, portando a cicatrici e skin atrophy. La causa è sconosciuta; si ipotizza un disordine immunitario neutrofilo triggered da trauma/UV. Non di rado i pazienti sono stati trattati inutilmente per infezioni (es. antibiotici, antifungini) senza esito.
Diagnosi differenziale: Principale è con infezioni: impetigine estesa, tinea capitis infl ammatoria (kerion) in un adulto (rara), deep fungal (blastomycosi cutanea? improbable in location). Anche un pemfigo vegetante potrebbe considerare, o un carcinoma squamoso ulcerato multiplo (ma quest’ultimo di solito lesioni discrete e esame histo rivela). EPDS è spesso una diag di esclusione quando tutto (batteri, miceti) è negativo.
Dermoscopy: In fase attiva, il dermoscopio mostra croste giallastre e erosioni rosse con essudato, e capelli distorti che emergono (pili torti appare in letteratura come segno, forse i fusti assumono aspetto tor t because of fragility) . Possono esserci ciuffi di 3-4 capelli (hair tufting modesto) . In fase cronica, aree atrof iche lucenti con telangectasie e residui esudat.
Terapia: L’EPDS risponde solitamente a terapie anti-infiammatorie topiche: il gold standard sono corticosteroidi topici superpotenti (clobetasolo unguento) e/o inibitori della calcineurina (tacrolimus pomata). Spesso si ottiene guarigione delle erosioni e progressiva epitelizzazione in alcune settimane . Anche calcipotriolo topico è stato usato (per modulare neutrofili). Resistenti potrebbero benefi ciare di dapsona sistemica (anti neutrofili) o isotretinoina bassa dose. Alcuni hanno usato UV fototerapia con successo. Importante rimuovere le croste regolarmente (detersione salina) per far penetrare i topici. Una volta guarita, rimane alopecia cicatriziale. recidive possibili, quindi a lungo termine si può mantenere tacrolimus 2x settimana.
Istopatologia: L’EPDS è aspecifica: mostra un’infiammazione suppurativa superficiale nell’epidermide e derma papilare, con ulcerazione dell’epidermide. Un denso infiltrato neutrofilo e leucocitoclastico è presente, spesso con qualche eosinofilo e cell plasm. Non vi sono patogeni (colture negative, PAS negativo per funghi). Non evidenzia granulomi strutturati come in infez atipic, e non ha depositi immunologici come in mal autoimmune. Può somigliare a impetigine cronica. Insomma, un pattern “dermatite neutrofila ulcerativa”, coerente con uno spettro neutrophilic dermatosis.

Infine, si può riassumere le alopecie cicatriziali primarie in una tabella confrontando quelle più importanti nei loro aspetti clinico-dermoscopici-istologici:
Tabella 2 – Confronto di Alopecie Cicatriziali Primarie Selezionate
Alopecia Cicatriziale Clinica (caratteristiche principali) Dermoscopia (segni chiave) Istologia (infiltrato e danno) Lupus discoide (LECC) Placche eritematose a bordi netti con ipercheratosi follicolare e squame adese; centro atrofico cicatriziale biancastro con iper/ipopigmentazione a chiazza . Telangectasie al bordo. Evoluzione lenta; possibile associazione LES. Large yellow dots (follicular plugging) e vasi arborizzanti nell’area attiva . Chiazzette marroni e dots blu-grigi (melanina dermica) attorno ai follicoli . Halo bianco perifollicolare e “follicular red dots” prognostici . Cicatrice: niente osti, aree bianche e rosee lucide con rosette brillanti . Infiltrato linfocitario a banda alla DEJ e attorno ai follicoli (lichenoide). Ipercheratosi follicolare marcata , degenerazione basale, mucina dermica abbondante. Follicoli distrutti con fibrosi e depositi Ig (banda lupica) . Interfaccia positiva. Lichen planopilaris (LPP) Chiazze alopeciche irregolari con ipercheratosi perifollicolare (aspetto ruvido) e eritema attorno ai follicoli residui . Sintomi di prurito/bruciore comuni. Distribuzione multifocale. Varianti: alopecia frontale fibrosante (FFA) con recessione frontale e sopracciglia assenti; sindrome Graham-Little (LPP + KP follicolare + alopecia non cicatriziale ascellare/pubica). Scaglie perifollicolari bianche (tubular casts) e eritema perifollicolare sui follicoli attivi . Dots blu-grigi attorno ai follicoli (pigmento lichenoide) . Vasi lineari arborizzanti delicati. In FFA: assenza di vellus, lonely hairs al margine, fondo avorio, cast e eritema frontali . In stadio tardivo: punti bianchi larghi senza ostio, perdita follicoli, eventuali piccoli tuft e broken hairs . Infiltrato linfocitario lichenoide attorno al follicolo superiore (bulge) con necrosi basale follicolare . Distruzione di ghiandole sebacee. Fibrosi concentrica attorno ai follicoli. Niente mucina o depositi immuni (IFD neg). In FFA aggiunta di plasmacellule/eos sporadici. Cicatrice finale con fibrosi e pochi linfociti. Follicolite decalvante (neutrofila) Pustole follicolari recidivanti su scalpo (vertex occipite) con croste e caduta di capelli. Chiazze alopeciche con ciuffi di capelli (tuft) multipli da uno stesso ostio . Segni di infezione (Staph) ma cronica. Evoluzione a cicatrici atrof +/- ipertrofiche. Ciuffi policapillari: 5-20 capelli escono da ostio dilatato circondato da squame giallastre (doll’s hair sign) . Pustole e croste attorno ai follicoli . Aree bianche stellate intorno (fibrosi a stella) . Tardi: aree bianche e rosse senza osti e spessi cuscinetti cicatriziali. Infiltrato neutrofilo denso nei follicoli (ascessi follicolari) con rottura follicolare. Colonie stafilococciche possibili. Granulomi da peli (reazione corpo estraneo). Fibrosi dermica con fusione di osti (cause tuft). Infi ammazione superficiale prevalentemente. Cellulite dissecante (neutrofila) Noduli sottocutanei dolorosi su nuca/vertex in uomini afro. Formazione di ascessi fluttuanti e fistole drenanti con pus. Quadro di foruncolosi cronica con esiti cicatriziali importanti (zone alopeciche, cicatrici ipertrofiche). Associata ad acne conglobata/HS. Dermoscopia poco utile; clinicamente si apprezzano orifizi fistolosi con materiale purulento. Forse evidenziabili capelli raggruppati in materiale essudativo e sfondo violaceo. Infiltrato neutrofilo profondo con ascessi dermo-ipodermici confluenti. Tratti fistolosi rivestiti da epitelio e granulazione. Granulomi giganto-cell attorno a detriti cheratinici/ peli. Ampia fibrosi a guarigione. Simile a HS. Acne keloidalis (mista) Papule follicolari pruriginose sulla nuca lungo attaccatura, in uomini afro. Evoluzione in placche cheloidee alopeciche sulla nuca inferior e con margine di capelli spezzati. Cronica, peggiora con rasature. Osti dilatati con peli spesso doppi/tripli emergenti e circondati da alone fibroso. Papule rosa con superfice liscia. Possibile vedere punti neri a V se due peli recisi emergono insieme. Lesioni mature: aree bianche lucide (cheloidi) con telangectasie. Follicolite cronica con neutrofili e linfociti modesti. Presto fibrosi sclerotica pericollicolare (cheloide) e cellule giganti attorno a peli incarniti. Ampie bande di collagene a orientamento verticale e noduli fibrosi. Aspetto di cicatrice ipertrofica con residui follicolari. Alopecia areata (non-cicatriziale) – per confronto Chiazze calve lisce, no cicatrici, peli a punto esclam., ricrescita possibile. Follicoli preservati: yellow dots, black dots, peli “!”. Niente fibrosi. Follicoli in telogen, infiltrato linfociti bulbare, nessuna fibrosi permanente.
N.B.: Tra parentesi le categorie infiammatorie predominanti (linfocitaria, neutrofila, mista). Molte alopecie cicatriziali richiedono conferma bioptica; la terapia varia in base al tipo (vedi testo). Non sono incluse in tabella le alopecie cicatriziali secondarie (che seguono cause note come traumi, ustioni, ecc.), discusse di seguito.
Alopecie Cicatriziali Secondarie
Le alopecie cicatriziali secondarie insorgono quando un evento o una patologia non primariamente follicolare distrugge i follicoli del cuoio capelluto. In questi casi la perdita di capelli è conseguenza di un danno cutaneo esterno o di una malattia generale. I pattern clinici dipendono dalla causa sottostante: • Alopecia cicatriziale post-traumatica (da Ustioni o Trauma fisico): Dopo ustioni termiche, chimiche o lesioni meccaniche profonde del cuoio capelluto, i follicoli nell’area lesa vengono distrutti e sostituiti da tessuto cicatriziale. Clinicamente si osservano zone cicatriziali alopeciche spesso glabre, lucide, retraenti (se ustione di terzo grado). Possono associarsi ad altre cicatrici corporee se trauma esteso. L’area appare priva di osti e con possibile discromia (ipopigmentazione o iperpigmentazione post-ustione). Tricoscopia: mostra una distesa di punti bianchi fibrosi senza follicoli. La diagnosi è anamnestica (storia di ustione/ferita). Terapia: nessuna medica; se piccola area, chirurgia plastica (escissione e sutura o expander) oppure autotrapianto di capelli (se la cicatrice è ben vascolarizzata). In aree estese, l’uso di parrucche o tattoo medicale. • Alopecia cicatriziale da Radiazioni: La radioterapia su cuoio capelluto (per tumori cerebrali o del capo) può causare perdita permanente di capelli nella zona irradiata, specialmente a dosi superiore ai 45Gy. In acuto la cute presenta dermatite radiaciona, poi i capelli cadono (entro 2-3 settimane dall’irradiazione) e, se la dose è sufficiente a distruggere le cellule staminali del bulge, non ricrescono più. Clinicamente appare un’area di alopecia nettamente circoscritta alla zona di campo irradiato, con cute atrofica, assottigliata, secca e spesso telangiectasica (segni di danno attinico cronico). Può associarsi a discromie e perdita di elasticità. Non vi è infiammazione attiva dopo la fase acuta. Tricoscopia: rivela assenza di osti, telangectasie superficiali e aree bianche per sclerosi radiogena. Terapia: Non c’è trattamento rigenerativo; si possono tentare trapianti (ma la cute irradiata ha vascolarità compromessa, successo incerto). Solitamente si ricorre a protesi/piazzole di capelli. • Alopecia cicatriziale da Infezioni: Alcune infezioni gravi del cuoio capelluto possono distruggere i follicoli, ad esempio: • Tinea capitis infiammatoria (Kerion): nelle forme suppurative di dermatofizia del cuoio capelluto (tipicamente bambini con kerion causato da zoofili), l’infiltrato infiammatorio purulento può portare a distruzione permanente di alcuni follicoli se non trattato prontamente. Il risultato è una chiazza alopecica cicatriziale spesso irregolare, a margini mal definiti, sulla quale la cute può essere leggermente depressa e con esiti puntiformi di vecchie pustole. Oggi è meno comune nei paesi trattare tardivamente una tinea, ma si vede ancora in zone con accesso limitato a cure. • Follicoliti batteriche profonde/Ascessi: un grande ascesso del cuoio capelluto (es. da ferita infetta) può distruggere i follicoli in quell’area, lasciando una cicatrice alopecica. • Infezioni specifiche: la tubercolosi lupus vulgaris sul cuoio capelluto (lupus vulgaris è forma cutanea di TB) può causare placche ulcerative e guarigini cicatriziali alopeciche; la leishmaniosi cutanea in sede scalp può guarire con cicatrice alopecica; sifilide secondaria dà alopecia “a tarlo” ma non cicatriziale; pian e altre infezioni ulcerative tropicali potrebbero. • Herpes Zoster: raramente, un fuoco di zoster del trigemino (es. branchia oftalmica) può includere aree del cuoio capelluto con eruzioni vescicolo-necrotiche; se c’è necrosi profonda, può residuare alopecia cicatriziale localizzata. • Infezioni croniche granulomatose: es. micobatteriosi atipiche, micosi profonde (coccidioidomicosi, sporotricosi) al cuoio capelluto: possono formare fistole e cicatrici alopeciche.
Clinica: varia, ma spesso appare una o più cicatrici irregolari dove c’era l’infezione, a volte con pigmentazione residua o telangectasie. Terapia: prevenzione trattando adeguatamente le infezioni. A esito stabilizzato, gestione come altre cicatrici (trapianto se fattibile, ecc.). • Alopecie cicatriziali da Neoplasie o loro trattamento: • Infiltrazione neoplastica: Tumori cutanei (carcinoma basocellulare, spinocellulare) sul cuoio capelluto distruggono localmente i follicoli: l’escissione o l’evoluzione stessa del tumore portano a alopecia nell’area. Similmente, metastasi cutanee (ad esempio carcinoma mammario metastatico al scalp) presentano placche infiltrate alopeciche (non tanto cicatrici quanto lesioni tumorali con alopecia, e se regrediscono cicatriziano). • Chirurgia sul cuoio capelluto: qualunque lembo, innesto, sutura su scalp guarirà con cicatrice priva di capelli. Ad esempio, dopo asportazione di nevo o melanoma sul cuoio capelluto, resta una linea cicatriziale alopecica. • Radioterapia: già trattata a parte. • Alopecia da chemioterapia di solito è non cicatriziale (tranne per alcuni casi di alopecia permanente post-chemio, in discussione; ma quell’evenienza comporta danno staminale e quindi la rende quasi “cicatriziale” dal punto di vista funzionale).
Clinica: segmentaria e dipendente dalla sede del tumore/trattamento, ad esempio alopecia lineare lungo una cicatrice chirurgica, o alopecia a chiazza irregolare in sede di radiodermite. Gestione: trattare il tumore (principale); poi opzioni ricostruttive se volute. • Alopecie cicatriziali da Dermatosi Croniche: • Sclerodermia localizzata (Morphea en coup de sabre): una banda di sclerodermia frontoparietale (“colpo di sciabola”) spesso attraversa il cuoio capelluto; la cute in quella banda diventa atrofica e fibrotica, con perdita definitiva dei capelli e del grasso sottostante. Clinicamente appare come una cicatrice deprimente lineare frontale, spesso associata a depressione ossea e anomalie. Terapia: trattare sclerodermia (metotrexato, etc. se attiva), alopecia è secondaria e difficilmente recuperabile. • Lupus sistemico: se LES attivo coinvolge diffusamente il cuoio capelluto (alopecia lupica diffusa), solitamente è non cicatriziale (telogen effluvium lupus). Però, se c’è lupus cutaneo subacuto, a volte può lasciare piccole cicatrici localizzate. • Dermatite cronica atopoica o psoriasi cronica: di per sé non cicatrizzano, ma teoricamente un’infiammazione intensissima per anni potrebbe portare a atrofia e alcuni follicoli persi. Questo è comunque raro: psoriasi e dermatiti anche se danno telogen effluvium non distruggono il follicolo. • Sarcoidosi cutanea del cuoio capelluto: può presentarsi come chiazze alopeciche cicatriziali, simulate alopecia cicatriziale primaria. Biopsia mostra granulomi. • Lichen sclerosus extragenitale sul cuoio capelluto: rarissimo, potrebbe dare alopecia cicatriziale in sede lesionale.
Clinica: varia, dipende dalla dermatosi: la morfea coup de sabre è la più nota, appare come cicatrice lineare biancastra senza peli e lucida, a margini iperpigmentati. Terapia: gestione malattia base (metotrexato e cortisone per morfea attiva, etc.). Quando stabilizzata, possibilità di chirurgia plastica per correggere difetto (es. riempimento del depressione, trapianto di capelli se c’è vascolarizzazione sufficiente).
In generale, per tutte le alopecie cicatriziali secondarie, la chiave è l’anamnesi (evento scatenante noto) e la gestione è spesso chirurgica/estetica una volta risolta la causa. Il derma cicatriziale può essere migliorato con tecniche di chirurgia plastica, ma non esistono terapie mediche per rigenerare i follicoli distrutti.

Conclusioni
Le alopecie costituiscono un capitolo complesso della dermatologia, ma una classificazione sistematica aiuta il clinico a orientarsi nella diagnosi e gestione. Il primo passo è distinguere tra forme non cicatriziali e cicatriziali , usando criteri clinici (presenza di osti, cicatrici) e strumenti come la dermoscopia . Successivamente, si inquadra la specifica eziologia: ciò permette di impostare la terapia adeguata e fornire una prognosi.
Per le alopecie non cicatriziali, è fondamentale riconoscere i pattern clinici tipici (androgenetico, areata, effluvium) e i segni tricoscopici diagnostici (es. miniaturizzazione in AGA , “yellow/black dots” in AA , capelli spezzati e flame hairs in tricotillomania ). Queste forme sono spesso reversibili (pienamente o parzialmente) con trattamento mirato: dagli anti-androgeni e minoxidil per l’AGA , alle terapie immunomodulanti per l’AA (inclusi i nuovi JAK inibitori) , al semplice counselling e integrazioni per i telogen effluvium , fino al supporto psicologico/comportamentale per la tricotillomania. Una gestione corretta può migliorare sensibilmente la qualità di vita del paziente e prevenire la progressione verso danni follicolari permanenti (ad es. evitare che una trazione prolungata sfoci in alopecia cicatriziale).
Nelle alopecie cicatriziali primarie, la diagnosi precoce è cruciale per avviare terapie anti-infiammatorie aggressive che limitino la distruzione dei follicoli . L’uso combinato di esame clinico, dermoscopia e biopsia mirata consente di individuare il tipo di infiltrato e quindi la categoria (linfocitaria, neutrofila, mista) . Da ciò derivano le scelte terapeutiche: corticosteroidi (topici/intralesionali e/o sistemici) e antimalarici sono colonne portanti per le forme linfocitarie (es. LPP, lupus discoide) , talora associati a retinoidi, immunosoppressori o nuovi immunoterapici se necessari. Le forme neutrofile beneficiano di antibiotici prolungati e isotretinoina per controllare l’infezione e l’iperplasia follicolare , mentre le forme miste richiedono strategie miste (antibiotico + anti-infiammatori, etc.). In tutti i casi cicatriziali è importante anche il supporto psicologico: la perdita permanente di capelli è vissuta con forte impatto emotivo, e il paziente va informato realisticamente degli obiettivi (stabilizzare la malattia più che recuperare i capelli persi).
Nelle alopecie cicatriziali secondarie, l’approccio è incentrato sulla patologia di base (trattare l’infezione, la lesione o la dermatosi sottostante) per arrestare la progressione. Una volta stabilizzata la causa, si valutano opzioni ricostruttive (trapianti, chirurgia plastica) per migliorare l’esito cosmetico. L’educazione del paziente è importante: ad esempio, dopo una radiodermatite informare che i capelli in quell’area non ricresceranno e discutere protesi o altre soluzioni.
In conclusione, lo studio sistematico delle alopecie deve integrare: • la classificazione nosologica (per orientare la diagnosi differenziale), • l’esame clinico e dermoscopico (per riconoscere pattern diagnostici ), • eventuali indagini laboratoristiche/istologiche (per conferme e dettagli patogenetici), • la terapia mirata (farmacologica generale, locale, fisica o chirurgica a seconda del caso), • e un follow-up attento (molte forme richiedono monitoraggio e terapie di mantenimento per prevenire recidive).